Il 27-28 settembre 2014 la Fraternità Francescana Frate Jacopa di Bologna, insieme alla parrocchia S. Maria Goretti si è recata al santuario di Madonna del Sasso (FI) per un ritiro spirituale. P. Serafino Tognetti ha guidato l’incontro meditando il brano evangelico in cui Cristo dà agli apostoli le ultime istruzioni prima dell’Ascensione: “Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.” (Lc 24, 44-48).

 

 

Non è così facile comprendere le Scritture

“Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture”. Questa annotazione ci fa comprendere che se Gesù non fosse intervenuto, i suoi discepoli avrebbero continuato a non comprendere le Scritture. Eppure i discepoli avevano familiarità con le Scritture fin da piccoli: sia perché istruiti dai genitori, sia perché le sentivano leggere nella sinagoga. Crescendo poi, avevano potuto consolidare e assimilare sempre meglio la loro conoscenza. Inoltre, nei tre anni trascorsi al seguito di Gesù le occasioni per ascoltare e riflettere sulle Scritture non erano certo mancate, e il maestro che avevano non era inferiore a nessuno in Israele. Eppure quelle Scritture tante volte ascoltate e meditate, le conoscevano ma non le comprendevano.
Come mai? Evidentemente comprendere le Scritture non è né così facile, né così semplice…
Da notare che questo fatto è messo in evidenza anche nell’episodio della manifestazione di Gesù risorto ai discepoli di Emmaus: “Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!… E spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a Lui” (Lc 24, 25-27). Anche i discepoli di Emmaus avrebbero continuato a non comprendere le Scritture se il Signore non le avesse spiegate loro, se non avesse “aperto loro la mente”.

 

Il centro delle Scritturemadonna-del-sasso-pontassieve1

“Allora aprì loro la mente”.Se consideriamo il momento in cui è stato pronunciato quell’“allora” possiamo scorgere uno dei motivi per cui i discepoli non comprendevano le Scritture. I discepoli non potevano comprendere veramente le Scritture perché il loro compimento non si era ancora realizzato.

Essendo questo compimento la passione, la morte e la risurrezione del Signore, solo dopo questi eventi esse potevano essere comprese. Ecco perché solo dopo la sua risurrezione il Signore ha potuto “aprire la mente” ai suoi discepoli. E l’ha potuta aprire perché in qualche modo i discepoli erano stati coinvolti in quegli eventi così profondamente da esserne sconvolti nella mente e nel cuore.

Infatti, quegli eventi avevano mandato in frantumi tutti i loro schemi mentali, le loro convinzioni, le loro aspettative, e il loro cuore si ritrovava oppresso da una desolazione prossima alla disperazione.

Le parole che Gesù aveva detto ai discepoli prima che si realizzassero non erano state capite, ma ora che “tutto è compiuto” (Gv 19, 30), con l’aiuto del Signore è possibile comprendere molte cose. Potremmo a questo punto fare la seguente osservazione: siccome al centro delle Scritture c’è la morte e risurrezione del Signore, per comprenderle veramente bisogna passare per una morte e una risurrezione simili, e per questo è necessario lasciarsi guidare da chi ben conosce il passaggio. In fondo noi non comprendiamo veramente se non ciò che viviamo sulla nostra pelle, o, come dice Santa Teresa d’Avila: “Io non ho mai capito un gran che fino a quando il Signore non me lo ha fatto comprendere in maniera sperimentale” (Vita cap. 22, 3)…

 

Un progetto singolare
“Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”.

Questo significa che le Scritture contengono un progetto, il progetto della realtà che è stata pensata e voluta dalla Trinità. Un progetto divino non può non riflettere o non essere l’espressione di alcune caratteristiche divine.

Non può non essere sapiente, intelligente, geniale, buono, bello, decisamente superiore alla nostra capacità di comprensione, ma non assolutamente superiore alla nostra capacità di comprensione…

Questo progetto è sconvolgente, folle, prevede infatti un “ordine” di cose che assomiglia molto a un disordine assoluto, è infatti un piano in cui si prevede in anticipo che la creatura ucciderà il suo Creatore… Questo è il peccato: l’uomo che uccide Dio. Non dobbiamo poi stupirci se le conseguenze di una cosa così orrenda sono orrende…

Eppure è un fatto evidente nella vita dei martiri e dei santi, che in questo piano è previsto un rimedio o una vittoria sull’orrore. Nessuno come i martiri e i santi è sconvolto nel più profondo del cuore per le tenebre e gli orrori che imperversano sulla faccia della terra, nessuno come loro è lucidamente consapevole del male che affligge il mondo, e questo perché nessuno come loro ha un cuore sensibile all’amore di Dio, e allora vedono ciò che noi non vediamo, vedono l’orrore del peccato e le sue terribili conseguenze, vedono che l’Amore non è amato.

 

Non è una questione di belle parole

Il rimedio contro l’orrore è un segreto, un segreto non umano, un segreto divino. Molti sono i chiamati a scoprire questo segreto, ma pochi gli eletti a cui il Signore lo può rivelare. Queste non dovrebbero essere cose per specialisti, per i santi o per i mistici, ma dovrebbero esser cose per tutti, perché tutti dovremo affrontare l’orrore della morte, ma come attraverseremo quel momento se non possediamo questo segreto?

Naturalmente colui che vuole e che può comunicarci questo segreto è il Signore Gesù… Il segreto, che è “il rimedio” all’orrore, non può essere costituito da parole, neanche dalle parole della Scrittura, neanche dalle parole di Gesù.

Ci vuole qualcosa di più forte, ci vuole qualcosa di più decisivo.

Le parole della Scrittura, le parole di Gesù, ci parlano di un segreto ma non sono il segreto. Per scoprire questo segreto è necessario rispondere a una chiamata, è necessario compiere un certo cammino.

Questo cammino è piuttosto angusto e poco frequentato, ma è l’unico che conduce alla Vita.

 

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Qualcosa di più forte delle parole

“Stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano” (Mt 7,14).

Questo cammino inizia a causa di uno sguardo e termina con uno sguardo: la visione faccia a faccia.

Uno sguardo è qualcosa di più forte delle parole, uno sguardo ècon una persona viva. Ma questo sguardo non può essere lo sguardo di una persona qualunque, deve avere certe caratteristiche, deve avere un certo potere, il potere di sedurre il nostro cuore, e il nostro cuore è sedotto perché in quello sguardo fa l’esperienza di una bellezza, di una bontà, di una luce, di un amore, capaci di rispondere alle sue attese più profonde e vitali.

Quando una persona incontra quello sguardo la sua vita cambia, entra in una fase nuova, in un mondo nuovo, il mondo dell’amore, il mondo della verità, il mondo di Dio. Gesù guarda un uomo seduto al banco delle imposte e gli dice: “Seguimi”, questo si alza e lo segue (Mt 9, 9). Matteo non avrebbe potuto così prontamente alzarsi e seguire Gesù se non avesse visto nel suo sguardo qualcosa che non aveva mai visto in nessun altro uomo, Matteo non avrebbe potuto cambiare la sua vita se non avesse trovato in quello sguardo una risposta a ciò che il suo cuore profondamente e più o meno consapevolmente desiderava.

La stessa cosa è successa alla Samaritana al pozzo, a Zaccheo sull’albero, al buon ladrone sulla croce, a Pietro, a Giovanni e Andrea, a tutti quelli che nel Vangelo hanno incontrato lo sguardo di Gesù e l’hanno seguito. Tutto questo è accaduto, accade e accadrà fino alla fine del mondo. Anche oggi quello sguardo continua a incontrare gli uomini, continua a sedurli, continua a salvarli.

 

 

La via angusta

Quando Matteo, la Samaritana, Zaccheo, Pietro, Andrea, Giovanni… incontrano lo sguardo di Gesù, la loro vita cambia ed entra in una fase nuova, ma questo è solo l’inizio del cambiamento, non il suo compimento. Dopo questo inizio bisognerà seguire Gesù lungo la “via angusta”.

Questa via è stretta, angusta e poco frequentata per diversi motivi. Chi sarà fedele e persevererà fino alla fine scoprirà il segreto capace di affrontare e vincere ogni orrore, troverà la vita. Lo sguardo di Gesù è uno sguardo d’amore, è uno sguardo che non lascia indifferenti e sollecita una risposta. L’amore per sua natura vuole una risposta d’amore, ma vuole anche che questa risposta sia libera, e noi possiamo dire di sì o dire di no a Gesù quando in vari modi, e nelle circostanze più imprevedibili, si presenta e bussa alla porta del nostro cuore.sasso

E qui incontriamo un primo motivo per cui la via stretta e angusta è poco frequentata, infatti rispondere all’amore che Gesù ci propone significa seguirlo, significa cedere a Lui le leve di comando della nostra vita, significa non avere più il potere di governarla secondo i nostri pensieri e i nostri desideri.

Il presentimento e il timore di questa sottomissione all’autorità e alle iniziative di un Altro, induce molti a girare alla larga dai luoghi in cui si corre il rischio di incontrare Gesù, si preferisce la via più larga e confortevole percorsa dai più. Naturalmente questa è una soluzione più comoda econfortevole a breve termine, ma a lungo termine non mancheranno impreviste e dolorose sorprese, perché la verità è la verità, l’amore è l’amore, il progetto di Dio è il progetto di Dio e chi decide di non sottomettersi a questo progetto, alle sue leggi, alla sua bellezza, diventa causa di male per sé e per gli altri, diventa una sorgente di male sempre più grande che in certi casi produrrà orrori inimmaginabili, disperazione e morte…

 

 

Percorso piuttosto movimentato

E qui incontriamo un altro motivo per cui la via angusta è poco frequentata; tutti noi, infatti, desidereremmo una vita tranquilla senza troppi scossoni, senza troppi imprevisti, senza troppi tormenti e tribolazioni. Ci piacerebbe avere chiaro dove stiamo andando, cosa desiderare, cosa sperare.

Invece, per coloro che seguono Gesù, nel programma sono previste cose un po’ diverse. “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del Vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna” (Mc 10, 29-30), e anche Paolo dice che “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (At 14, 22)

… La vita al seguito di Gesù è movimentata e scombussolata… scatena una guerra fra la luce e le tenebre, l’amore e l’odio, la verità e la menzogna, la vita e la morte. “Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra?

No, vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre” (Lc 12, 51-52).

Questa divisione e questa guerra si svolge sia all’esterno sia all’interno del cuore di un discepolo, perché sia all’esterno sia all’interno del nostro cuore, ci sono cose che si oppongono, che ostacolano, che ripugnano alla bellezza e alla purezza dell’amore e della vita che Gesù vuole per noi.

Inoltre, essendo Gesù la Luce, la Verità, l’Amore, la Vita, chi lo segue avrà una sensibilità e una luce sempre maggiori per cogliere in sé e fuori di sé ciò che è luce e ciò che è tenebra, ciò che è amore e ciò che non è amore, in una parola: ciò che è secondo Dio e ciò che appartiene al peccato.

Questa sensibilità sarà allora fonte di scrupoli e di tormento quando la luce del Signore ci farà vedere ciò che non va in noi e attorno a noi, ma sarà anche fonte di gioia quando ci farà cogliere aspetti nuovi della verità e godere per ogni delicatezza e gesto di amore che Lui semina sul nostro cammino.

 

 

Il segreto

… Quando poi il mistero del male ci sorprende, ci sconvolge, ci atterra, ci svela tutto il suo orrore e la sua mostruosità, è normale che rimaniamo disorientati e ci lasciamo prendere dal panico, ma se non ci irrigidiamo, se non ci ribelliamo troppo, se il nostro cuore rimane aperto e più o meno consapevolmente chiede aiuto, se la mente dispera ma il cuore segretamente ancora spera perché gli dispiace che le tenebre e la morte abbiano il sopravvento, allora anche il mistero del bene verrà in nostro aiuto e ci rivelerà il suo segreto.

La vita dell’uomo in generale e la vita di un discepolo in particolare è chiamata a più riprese a confrontarsi con il mistero del male e a scoprire ogni volta un po’ di più il segreto che abita Gesù e consente ai suoi amici di vincere il male con il bene.

Questo segreto è sempre l’esperienza dello sguardo di Gesù, sguardo che… non è una teoria o un discorso sapiente, ma un fatto, un fatto che si oppone a un altro fatto, è la forza dell’amore che sconfigge la forza dell’orrore.

Quando Pietro, sorpreso e sconvolto dalla potenza delle tenebre, sorpreso e sconvolto dall’orrore del suo peccato, pensa che tutto sia perduto e sia inevitabile il naufragio, ecco che gli viene offerta un’ancora di salvezza altrettanto inattesa, altrettanto sconvolgente: “Il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro…” (Lc 22, 61).

E quello sguardo trasmetteva una dolcezza, un amore, un perdono, una pace… che non sono di questo mondo. Pietro accoglie questa dolcezza e scoppia in lacrime, il suo cuore guarisce e diventa esperto del segreto divino che è più forte di ogni orrore…

Anche per il buon ladrone, nell’ora in cui non può più sfuggire alle tragiche e dolorose conseguenze delle sue scelleratezze, è decisivo l’incontro con lo sguardo di Gesù. Quando tutto sembra perduto, egli è raggiunto e sconvolto da una luce e da una dolcezza che lo invitano a sperare contro ogni speranza.

Lo sguardo di Gesù proprio a lui offre amore e perdono. Il buon ladrone si lascia sconvolgere da una dolcezza che non ha mai sperimentato prima, allora il suo cuore guarisce e diventa esperto del segreto divino che è più forte di ogni orrore, anche dell’orrore della morte e della morte di croce. Lo sguardo di Gesù crocifisso gli ha detto che oltre l’orrore del peccato e della morte c’è un regno, il regno della Vita e dell’Amore, e proprio Colui che muore accanto a lui è il Re che lo governa.

Lungo i secoli, e fino alla fine dei secoli, il mistero del male continua a esercitare il suo potere, ma anche il mistero del bene continua a esercitare il suo potere e a suscitare testimoni del segreto divino che è più forte di ogni orrore…

 

 

Di questo voi siete testimoni

Quando incontra l’indifferenza, quando incontra un muro di gomma o la chiusura del cuore, un testimone non può far nulla, ha le mani legate. Conversione e perdono dei peccati sono realtà che possono diventare interessanti quando incominciamo a renderci conto dello stato di confusione e divisione che affligge la vita dei singoli e della società; solo quando accettiamo di riconoscere che il peccato, mio e degli altri, è la fabbrica dell’orrore, possiamo ascoltare con interesse chi, proponendoci un rimedio al peccato, ci propone nello stesso tempo un rimedio all’orrore.

Accettare onestamente di soffrire per il non senso della nostra vita è la preparazione necessaria per incontrare il volto di Colui in cui risiede il senso di ogni cosa. “Di questo voi siete testimoni”, testimoni di cosa? I discepoli e gli apostoli quando ascoltavano queste parole erano appena stati testimoni sia dell’orrore prodotto dal peccato, sia della dolcezza divina con cui Gesù aveva trionfato su tutto l’orrore che gli uomini e i demoni sono capaci di produrre.

Di questi testimoni abbiamo bisogno come dell’aria per respirare, perché più l’umanità si allontana da Dio più sarà afflitta dalle conseguenze dolorose di questa lontananza e più gli uomini avranno bisogno di testimoni abitati dalla dolcezza divina per non cadere nella disperazione.

Gesù non ha iscritto i suoi discepoli all’università di Gerusalemme, ma a Gerusalemme li ha condotti lì dove “ha abbondato il peccato” e la “grazia ha sovrabbondato” (Rm 5, 20); li ha condotti a vedere come Dio ha “rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia” (Rm 11, 32).

Queste cose non si imparano tanto sui libri quanto lasciandoci condurre lì dove il Signore vuole condurci, e spesso proprio il percorso che vorremmo evitare sorprendentemente ci riserverà una manifestazione della dolcezza divina, primizia di ciò che sarà la nostra beatitudine eterna…

 

p. Serafino Tognetti