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La vita

I pochi dati biografici su Jacopa de’ Settesoli, nota anche come Giacoma, riguardano principalmente la grande rifor- ma spirituale francescana e le immense ricchezze feudali di suo marito. Ella nacque intorno al 1190 da una famiglia di origine normanna.
Da un documento del 1210, risulta che aveva già sposato Graziano Frangipane e che dal loro matrimonio erano nati due figli, Giacomo e Giovanni. Graziano morì prematuramente, affidando alla propria vedova l’amministrazione dei numerosi castelli e dei possedimenti sparsi per tutta Roma e nella campagna romana. Nel 1209, quando Francesco si recò a Roma per essere confermato assieme ai suoi compagni da Papa Innocenzo III, Jacopa de’ Settesoli gli offrì la propria ospitalità. Ella gli dimostrò grande dedizione e rimase sua carissima amica per tutta la vita. Secondo San Bonaventura, Francesco le regalò un agnello, che la seguiva fedelmente dappertutto e belava ogni mattina per svegliarla. Egli la chiamava affettuosamente “Frate Jacopa” per la sua forza d’animo e la sua integrità. Nonostante avesse l’opportunità di vivere lussuosamente, ella seguì il modello di perfezione suggerito da Francesco, conducendo una vita austera e mettendo a disposizione i suoi beni ed il suo potere; provvide a riconciliare la sua famiglia con l’autorità pontificia e tolse il vincolo proprio dei servi della gleba nell’ambito del castello di Marino di sua proprietà, innovando la giurisdizione del tempo. Jacopa è certamente una delle prime figure di quell’Ordine dei “Fratelli e Sorelle della Penitenza” (o Terz’Ordine) fondato da S. Francesco, per i laici che desideravano condurre una vita santa, rimanendo a vivere nelle comuni occupazioni del mondo.

 

La morte di Francesco: una eredità partecipata

Quando Francesco sentì avvicinarsi la sua ultima ora, disse a un frate di scrivere una lettera per Jacopa, per informarla della sua morte imminente e chiedendole di raggiungerlo alla Porziuncola, recandogli una veste per la sepoltura, candele per il funerale e quei dolci che lei gli offriva quando si trovava malato nella Capitale. Mentre i frati stavano cercando qualcuno che portasse la lettera (“A donna Jacopa, serva dell’Altissimo” Fonti Francescane 253-255) a Roma, si udì bussare alla porta: Jacopa, che aveva presentito il desiderio di Francesco, era arrivata con i suoi figli e le fu permesso entrare, anche se le donne non erano ammesse nella clausura. Aveva portato tutto ciò che il Poverello desiderava, inclusi i dolci fatti con mandorle, miele ed altri ingredienti, chiamati “mostaccioli”. Gli recò anche un cuscino di seta rossa, adornato dallo stemma di famiglia, e il suo velo nuziale. Frate Jacopa invitata dal santo, accolta al di là della clausura, insignita da Francesco di un compito nell’ora solenne della sua morte, raffigura l’apertura del messaggio francescano a tutte le donne, agli uomini, all’umanità intera e non solo ai Frati che pure avrebbero potuto assolvere abbondantemente a tutte le necessità del momento. Un’apertura riconosciuta dai figli stesso del santo che pongono tra le sue braccia, alla venerazione delle sue lacrime, il corpo di Francesco morto, rendendo così Jacopa partecipe nel dolore e nel gaudio della eredità di Francesco.

 

La morte di Jacopa

Jacopa, dopo la morte di Francesco, sentirà il bisogno di vivere l’ultima parte della sua vita ad Assisi, per avere cura, con la sua nuova famiglia, di ciò che le ha lasciato Francesco. Frate Jacopa morì ad Assisi nel 1239. Fu sepolta nella chiesa inferiore della “Basilica di San Francesco”, vicino all’altare che sovrasta la tomba di Francesco. Nel 1932, i suoi resti furono trasferiti nella Cripta del Santo, di fronte all’altare, fra le due scalinate, accanto ai primi compagni di Francesco, quasi a segnala- re il corrispettivo secolare e femminile della vita religiosa vissuta dal Santo di Assisi. E questo sottolinea il riconoscimento della sua fedeltà al carisma del Poverello e la reciprocità di comunione con i laici alla base della spiritualità francescana, protesa nella missionarietà verso il mondo.