Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Con l’udienza di oggi concludiamo il percorso sulle Beatitudini evangeliche. Come abbiamo ascoltato, nell’ultima si proclama la gioia escatologica dei perseguitati per la giustizia.
Questa beatitudine annuncia la stessa felicità della prima: il regno dei Cieli è dei perseguitati così come è dei poveri in spirito; comprendiamo così di essere arrivati al termine di un percorso unitario dipanato negli annunci precedenti.
La povertà in spirito, il pianto, la mitezza, la sete di santità, la misericordia, la purificazione del cuore e le opere di pace possono condurre alla persecuzione a causa di Cristo, ma questa persecuzione alla fine è causa di gioia e di grande ricompensa nei cieli. Il sentiero delle Beatitudini è un cammino pasquale che conduce da una vita secondo il mondo a quella secondo Dio, da un’esistenza guidata dalla carne – cioè dall’egoismo – a quella guidata dallo Spirito.
Il mondo, con i suoi idoli, i suoi compromessi e le sue priorità, non può approvare questo tipo di esistenza. Le “strutture di peccato”,[1] spesso prodotte dalla mentalità umana, così estranee come sono allo Spirito di verità che il mondo non può ricevere (cfr Gv 14,17), non possono che rifiutare la povertà o la mitezza o la purezza e dichiarare la vita secondo il Vangelo come un errore e un problema, quindi come qualcosa da emarginare. Così pensa il mondo: “Questi sono idealisti o fanatici…”. Così pensano loro.
Se il mondo vive in funzione del denaro, chiunque dimostri che la vita può compiersi nel dono e nella rinuncia diventa un fastidio per il sistema dell’avidità. Questa parola “fastidio” è chiave, perché la sola testimonianza cristiana, che fa tanto bene a tanta gente perché la segue, dà fastidio a coloro che hanno una mentalità mondana. La vivono come un rimprovero. Quando appare la santità ed emerge la vita dei figli di Dio, in quella bellezza c’è qualcosa di scomodo che chiama ad una presa di posizione: o lasciarsi mettere in discussione e aprirsi al bene o rifiutare quella luce e indurire il cuore, anche fino all’opposizione e all’accanimento (cfr Sap 2,14-15). È curioso, attira l’attenzione vedere come, nelle persecuzioni dei martiri, cresce l’ostilità fino all’accanimento. Basta vedere le persecuzioni del secolo scorso, delle dittature europee: come si arriva all’accanimento contro i cristiani, contro la testimonianza cristiana e contro l’eroicità dei cristiani.
Ma questo mostra che il dramma della persecuzione è anche il luogo della liberazione dalla sudditanza al successo, alla vanagloria e ai compromessi del mondo. Di cosa si rallegra chi è rifiutato dal mondo per causa di Cristo? Si rallegra di aver trovato qualcosa che vale più del mondo intero. Infatti «quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?» (Mc 8,36). Quale vantaggio c’è lì?
È doloroso ricordare che, in questo momento, ci sono molti cristiani che patiscono persecuzioni in varie zone del mondo, e dobbiamo sperare e pregare che quanto prima la loro tribolazione sia fermata. Sono tanti: i martiri di oggi sono più dei martiri dei primi secoli. Esprimiamo a questi fratelli e sorelle la nostra vicinanza: siamo un unico corpo, e questi cristiani sono le membra sanguinanti del corpo di Cristo che è la Chiesa.
Ma dobbiamo stare attenti anche a non leggere questa beatitudine in chiave vittimistica, auto-commiserativa. Infatti, non sempre il disprezzo degli uomini è sinonimo di persecuzione: proprio poco dopo Gesù dice che i cristiani sono il «sale della terra», e mette in guardia dal pericolo di “perdere il sapore”, altrimenti il sale «a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente» (Mt 5,13). Dunque, c’è anche un disprezzo che è colpa nostra, quando perdiamo il sapore di Cristo e del Vangelo.
Bisogna essere fedeli al sentiero umile delle Beatitudini, perché è quello che porta ad essere di Cristo e non del mondo. Vale la pena di ricordare il percorso di San Paolo: quando pensava di essere un giusto era di fatto un persecutore, ma quando scoprì di essere un persecutore, divenne un uomo d’amore, che affrontava lietamente le sofferenze della persecuzione che subiva (cfr Col 1,24).
L’esclusione e la persecuzione, se Dio ce ne accorda la grazia, ci fanno somigliare a Cristo crocifisso e, associandoci alla sua passione, sono la manifestazione della vita nuova. Questa vita è la stessa di Cristo, che per noi uomini e per la nostra salvezza fu “disprezzato e reietto dagli uomini” (cfr Is 53,3; At 8,30-35). Accogliere il suo Spirito ci può portare ad avere tanto amore nel cuore da offrire la vita per il mondo senza fare compromessi con i suoi inganni e accettandone il rifiuto. I compromessi con il mondo sono il pericolo: il cristiano è sempre tentato di fare dei compromessi con il mondo, con lo spirito del mondo. Questa – rifiutare i compromessi e andare per la strada di Gesù Cristo – è la vita del Regno dei cieli, la più grande gioia, la vera letizia. E poi, nelle persecuzioni c’è sempre la presenza di Gesù che ci accompagna, la presenza di Gesù che ci consola e la forza dello Spirito che ci aiuta ad andare avanti. Non scoraggiamoci quando una vita coerente col Vangelo attira le persecuzioni della gente: c’è lo Spirito che ci sostiene, in questa strada.
[1] Cfr Discorso ai partecipanti al workshop “Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione, integrazione e innovazione”, 5 febbraio 2020: «L’idolatria del denaro, l’avidità, la corruzione, sono tutte “strutture di peccato” – come le definiva Giovanni Paolo II – prodotte dalla “globalizzazione dell’indifferenza”».