Paper per l’ambito ” Economia Civile ed ambiente”

 

 

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Al percorso Verso il II Forum di Etica Civile “Etica civile: cittadinanza… ed oltre?” – organizzato dalla Fondazione Lanza, insieme con Associazione Cercasi un fine, Centro Studi Bruno Longo, Istituto “Pedro Arrupe”, FOCSIV, Aggiornamenti Sociali, Il Regno, Rivista Associazione Incontri – ha aderito la Fraternità Francesca e Cooperativa Sociale Frate Jacopa con l’elaborazione di un Paper sul tema “Ecologia integrale. Il contributo della tradizione francescana”, che qui pubblichiamo, e con il Poster illustrato in questa pagina, proposto al primo Seminario di Studio del percorso, tenuto a Padova l’8 ottobre 2016.

 

Alla luce della scuola di pensiero francescano, il nostro contributo accenna la necessità di superare l’ideologia tecnocratica, che tutto subordina ai prodigi della tecnologia e delle finanze, mentre presuppone che l’egoismo sia il movente principale nel nostro sistema di preferenze. L’etica è ridotta al calcolo utilitaristico del massimo beneficio, mentre si afferma che l‘unica conoscenza valida è quella delle scienze positive (scientismo). Siamo così arrivati a una grave crisi economica e socio-ambientale che minaccia la nostra stessa sopravvivenza come specie.

Spesso i problemi ambientali sono trattati superficialmente, senza aver presente che essi sono il sintomo di una crisi etica e antropologica più profonda, giacché non sono stati causati da fenomeni naturali, ma dal comportamento umano. Bisogna cercare soluzioni integrali. Infatti, l’ambiente umano e l’ambiente sociale si degradano insieme; la crisi sociale coincide con la crisi ambientale e questa non può essere separata dalla giustizia e dal valore inalienabile dell’essere umano.

In un primo momento, presenteremo alcuni tratti del paradigma tecnocratico che non è in grado di arrivare a una visione globale e inclusiva. A causa di questa concezione frammentaria ed efficientista, le relazioni si deteriorano, nessuno guarda in faccia l’altro e le cose sono ridotte a oggetti “usa e getta”. In un secondo momento mostreremo alcuni aspetti della Tradizione francescana che possono illuminare la ricerca di soluzioni alla grave crisi socio-ambientale.

 

1. Il paradigma tecnocratico

img92Il movimento illuminista, che inizia alla fine del XVII secolo, afferma il dominio illimitato dell’uomo sulla natura. Il cosmo è definito come orologio, macchina,laboratorio, esperimento. Si abbandona la visione olistica del mondo in quanto comunità di vita, dinamicamente integrata e degna di essere rispettata. Prevale una visione frammentaria, deterministica e meccanicistica, che giustifica qualsiasi tipo di sperimentazione e manipolazione. Il mondo perde il suo mistero e non è più visto come una casa accogliente, bensì come un luogo di dominio, combattimento e lotta per la sopravvivenza a tutti i livelli. Bertrand Russell fa una lucida analisi di questo cambiamento:

“La scienza ha avuto inizio grazie a uomini che amavano il mondo, che ammiravano la bellezza delle stelle e del mare, dei venti e delle montagne. Perché amavano tutte queste cose, i loro pensieri si occupavano di esse e volevano comprenderle più intimamente di quanto la semplice osservazione esteriore può permettere. «Il mondo – diceva Eraclito – è un fuoco sempre vivo». Eraclito e gli altri filosofi ionici, dai quali sorge il primo impulso verso la conoscenza scientifica, sentirono la strana bellezza del mondo quasi come una pazzia […] Ma, pian piano, l’impulso-potere ha completamente dominato l’impulso-amore” (Russell 1975)1.

Invece di avvicinarci rispettosamente alla natura e di contemplare con ammirazione i suoi segreti, preferiamo sottrarglieli con la forza.

 

1.1. Antropologia negativa

Poggiando su una concezione antropologica negativa, il paradigma tecnocratico giustifica il dominio dispotico dell’uomo sulla natura e la riduce a un deposito di risorse economiche da sfruttare, analizzare e dissezionare, seguendo gli interessi del momento.

Si ritiene che l’uomo non sia affidabile e che il suo agire risponda sempre all’istinto di autoconservazione.

Di conseguenza, si giustifica una dialettica di perenne conflitto a tutti i livelli. In economia, si promuove la guerra di interessi come il modo più efficace di favorire lo sviluppo; in politica, si parla di scontro delle civiltà (Huntington 1997)2 e si prepara attivamente la guerra con la scusa di garantire la pace (“Si vis pacem para bellum“); in medicina, si lasciano da parte i trattamenti olistici per favorire la lotta diretta contro gli agenti patogeni; a livello socio-culturale si cerca l’omogeneizzazione per sbarazzarsi di qualunque alterità scomoda. L’eliminazione dell’altro, ad ogni livello, è vista come una potatura necessaria per far sì che l’albero sociale possa rivitalizzarsi e crescere.

Questa dialettica di perenne conflitto porta a giustificare l’odio e la vendetta istituzionalizzata. Gruppi fondamentalisti, come l’auto-proclamato “Stato islamico” (Isis), utilizzano la simbologia dello scontro e della morte per tentare lo sterminio fisico e psicologico degli “altri”. Con una retorica equivalente, alcuni politici occidentali usano termini apocalittici per giustificare reazioni violente e spietate.

 

1.2. Visione conflittuale della natura

La visione conflittuale si applica anche al resto del creato. L’uomo è visto come costretto a sottomettere le forze ostili della natura per poter sopravvivere, giacché lui stesso sarebbe “estraneo al contesto ambientale in cui vive”. Si privilegia così una visione della natura come campo di battaglia di tutti contro tutti (“o mangi o sei mangiato”). La lotta per l’esistenza tra le specie è considerata inevitabile e necessaria per garantire la selezione naturale e l’evoluzione (Darwin 1997)3. Solo gli organismi più forti e meglio adattati prevalgono: gli altri sono un ostacolo da eliminare.

A livello soggettivo, questo antropocentrismo dominatore si traduce in un consumismo esacerbato che tutto riduce all’irrilevanza, a semplici prodotti da usare e gettare in modo compulsivo. Si favorisce così la cultura dello scarto, che privilegia il ben-avere sul ben-essere.

Il degrado ambientale è il risultato del massiccio “usa e getta” che inquina l’ambiente, distrugge la biodiversità e danneggia la salute pubblica. Infatti, “il mondo contiene risorse a sufficienza per soddisfare i bisogni di ciascuno, ma non abbastanza per la cupidigia di alcuni” (Ghandi). Allo stesso tempo, aumenta la frammentazione sociale e le città si degradano, allontanano gli abitanti dalla natura e li sommergono con il cemento. La crisi ecologica è frutto di questa visione conflittuale che isola e allontana.

 

1.3. Individualismo e “non-tuismo”

L’attuale paradigma tecnocratico favorisce l’individualismo, ma non l’individuazione. Le grandi correnti filosofiche occidentali parlano molto dell’individuo, ma non insistono sulla sua unicità, giacché preferiscono considerarlo una concretizzazione del concetto generale. Zubiri dice che “la nozione di individualità è sostituita da quella di concretizzazione. L’individuo scompare” (Zubiri 2010)4.

L’uomo è ridotto a qualcosa di oggettivo, intercambiabile, “a massa da strumentalizzare”5.

La mancanza di considerazione verso la specificità di ogni essere risulta già evidente nella filosofia greca che sostiene la superiorità della conoscenza astratta e la considera previa e necessaria per poter arrivare a capire ciascuno degli enti particolari.

Seguendo questa linea, la metafisica occidentale ha dato poca rilevanza alla specificità del singolo essere che resta sempre subordinato all’universale. L’altro non è riconosciuto e apprezzato come un Tu unico e irrepetibile (“non-tuismo“).

Si promuovono così relazioni di tipo anonimo ed efficientista, basate soltanto sull’interesse monetario (cash nexus).

I liberali le giustificano come la base più sicura per poter garantire una convivenza autenticamente democratica, giacché libererebbero l’individuo da dipendenze sociali asfissianti, permettendogli di avere la giustizia come unico referente, sia nell’ambito civile che nell’economico. Nel primo caso, l’individuo potrà relazionarsi in modo maturo e autonomo; nel secondo, potrà gestire le questioni economiche in modo razionale e metodico.

 

2. Il contributo francescano

Francesco d’Assisi (1181-1226) è un modello d’ispirazione per tutti, credenti e non credenti. Il filosofo Max Scheler afferma che Francesco è stato “uno dei più grandi scultori dell’anima e dello spirito della storia europea”. Lynn White, che accusa il pensiero giudeo-cristiano di aver provocato la crisi ecologica, afferma invece che il poverello d’Assisi fu “il più grande rivoluzionario spirituale della storia del mondo occidentale”, un modello per tutti gli uomini e meritevole di essere nominato patrono dei cultori dell’ecologia, così come poi avvenne con Giovanni Paolo II.

La tradizione francescana ha continuato le intuizioni di Francesco di Assisi, sviluppando una ricca riflessione, anche in ambito economico. L. Bruni afferma che i francescani hanno avuto “un ruolo decisivo nella nascita della moderna economia di mercato”. O. Bazzichi ribadisce l’attualità di S. Francesco quando afferma che la “Caritas in Veritate” è un’enciclica francescana, perché riprende i suoi valori per far fronte ai problemi economici attuali.

In ambito ecologico, Papa Francesco riconosce l’attualità del contributo francescano nella sua enciclica Laudato Si’ e propone San Francesco d’Assisi come l’esempio per eccellenza “di un’ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità” (LS 10).

 

2.1. La logica della gratuità

Riconoscendo che tutto è frutto della generosità divina, Francesco si scopre fratello di tutte le creature. Supera così i due modelli ecologici più comuni: quello di dominio e quello di amministrazione.

Il primo, definito anche come “modello di regalità” (Johnson 1993)6, giustifica il potere dispotico e capriccioso sulla natura, che è ridotta a pura materia neutra: l’uomo può modellarla senz’altro criterio che i propri interessi utilitaristici.

Il modello di amministrazione presenta l’essere umano come incaricato di gestire ciò che appartiene a Dio, ma non prende sufficientemente in considerazione che l’uomo è intimamente legato a tutti gli esseri. Il suo ruolo consisterebbe nel prendersi cura della natura come manager o amministratore, ma senza sentirsi parte di essa. Egli la vede come una proprietà altrui da curare, ma che non gli appartiene e della quale non fa parte.

Francesco non si limita a prendersene cura, nel freddo rispetto dell’incarico ricevuto, ma abbraccia le creature come sorelle, si sente legato a loro (“obbligato” ob-legatio). Le ama tutte, perché le sente parte di sé, appartenenti alla stessa famiglia, sorelle che abitano l’unica casa comune, una dimora in cui tutto è relazionato.

Seguendo l’esempio di Francesco, la tradizione francescana mostra l’importanza dei beni relazionali, dell’“inter-esse” e della fraternità. Abbiamo bisogno di recuperare la gratuità, la fraternità e il bene comune, cioè quel tipo di relazioni familiari che il carisma francescano ha saputo incarnare e proporre. Il prossimo non è un essere anonimo, senza volto, e neppure un avversario da sconfiggere o ingannare. Nella grande famiglia cosmica, niente e nessuno è superfluo o accessorio.

 

2.2. Individuazione anziché individualismo

Il capitalismo promuove la guerra degli interessi, nella quale ciascuno pensa solo ai propri interessi egoistici, senza guardare in faccia l’altro (non-tuismo). Le ideologie collettivistiche riducono la persona a un pezzo anonimo dell’ ingranaggio collettivo. In ambedue i casi, essa non è considerata nella sua individualità e facilmente viene sacrificata in funzione dell’efficienza o di altri interessi.

I pensatori francescani, invece, privilegiano l’individuo, nella sua concreta singolarità e dignità, evidenziando allo stesso tempo il suo carattere dialogico e relazionale. Evitano l’individualismo e, allo stesso tempo, sottolineano il fondamentale valore dell’individualità. Questa non esclude la dipendenza, giacché la persona è relatio transcendentalis e, quindi, la relazione forma parte costitutiva del suo essere.

La Tradizione francescana difende la dignità e la libertà metafisica dell’individuo, che è unico e irripetibile. Per descrivere questa individualità, Scoto usa il concetto di “haecceitas” (haecceitas, “essere- qui”), che Zubiri definisce come “il carattere di ogni realtà in base al quale questa realtà non è fisicamente altra” (Zubiri 1985)7.

Questa differenza individuale (haecceitas) è una caratteristica ontologica positiva, che imita l’infinita individualità divina. Grazie a essa, ciascuno degli esseri è unico, indipendentemente dal genere o dalla specie di appartenenza. Si evidenzia così la bontà e la singolarità di tutti gli esseri.

In questa ontologia del concreto, la dimensione individuale prevale su quella universale e, di conseguenza, la conoscenza più perfetta è quella del singolare. La specie e la natura restano in un secondo piano, perché nel mondo reale esistono solo gli esseri e appaiono come singolari, personalizzati e concreti.

Niente è superficiale o accessorio. La creazione ha in se stessa un valore previo e indipendente dall’utilità che ne possiamo ricavare. Anche l‘essere umano è frutto del dono, e quindi potrà svilupparsi “non contro o accanto agli altri, ma con e in comunione con loro”8. In questo senso, gli autori francescani sostengono che il bene più desiderabile è l’”essere con” (inter-esse), la relazione con l’Altro, con gli altri e con la natura.

Il francescano Ruggero Bacone (1214-1294) propone che la scienza sia sperimentale, esperienziale, positiva, attenta al singolare, piuttosto che basarsi sull’universale, come sostenuto da Aristotele. Di fronte alla conoscenza sistematica delle Somme pubblicate in quel periodo, Bacone preferisce la sperimentazione e utilizza ampiamente la matematica, la geometria, l’astrologia, l’alchimia, la medicina, la biologia, la fisica.

La pluralità delle conoscenze, tuttavia, deve essere ben integrata, per evitare che la sperimentazione sia ridotta a una mera verifica di ipotesi scientifiche e perda così profondità umana. In linea con la dottrina agostiniana dell’illuminazione e con la proposta bonaventuriana di ridurre tutte le arti alla teologia, Bacone propone l’integrazione delle conoscenze e del sapere (scientifico, filosofico, teologico), perché “tutta la sapienza è un dono di Dio ad un solo mondo e con un unico fine” (Gilson 1982)9. L’unità polifonica del cosmo richiede l’armonizzazione di tutte le conoscenze.

Guglielmo di Ockham (1280-1349) insiste pure sull’importanza della verifica empirica, della relazione diretta con la natura e, quindi, del rispetto che meritano tutte le creature, sia quelle animate che quelle inanimate. Recupera così l’ammirazione verso il mistero di ogni essere, unico e irripetibile, aspetto che era stato oscurato dall’eccessiva concettualizzazione e astrazione nella filosofia occidentale. Di fronte alla tendenza a sostituire il mondo reale con il mondo interpretato, Ockham sottolinea il primato assoluto del singolare, del concreto e individualizzato, applicandolo anche al soggetto umano.

Ockham è stato determinante nel processo di formulazione dei diritti individuali o soggettivi, che avevano iniziato a prendere forma nel XII secolo e sarebbero arrivati a maturità nel secolo XVII.

Sostiene che questi diritti positivi “sono basati su diritti o poteri naturali, concessi immediatamente da Dio a tutta l’umanità in genere, senza specificazione o particolarizzazione” (Ockham 1974)10 e, di conseguenza, l’individuo non può essere privato di essi senza colpa e senza motivo. Merino sottolinea che Ockham “è anche il promotore dei diritti non solo degli animali, ma anche degli esseri sensibili e insensibili” (Merino 2010)11.

 

2.3. Unità nella diversità

L’antropocentrismo escludente e dominatore isola l’uomo dagli altri, dal proprio ambiente di vita e persino dal proprio corpo. La differenza è vista come deficienza, l’alterità come alterazione, l’unità come omogeneizzazione, lasciando via libera al dominio dispotico, alla chiusura individualistica e alla distruzione dell’ambiente. Perso in una continua lotta per prevalere, l’individuo dominatore difficilmente trova un senso unificante nella propria vita e non accetta la fragilità, il limite e il fallimento, normalmente associati al corpo.

L’accento dei francescani sul valore del singolare, invece, dovrebbe aiutarci ad apprezzare la diversità delle razze, culture e religioni come una ricchezza che Dio ci regala affinché, insieme, in assoluta ospitalità, facciamo il più bel mosaico in suo onore. La valorizzazione del singolare dovrebbe spingerci pure ad una maggiore considerazione della natura. Tutti gli esseri, fino al più irrilevante, riflettono la Trinità e, pertanto, hanno una dignità che deve essere rispettata. Uniti ad essi, aspettiamo la salvezza definitiva.

La singolarità di ogni essere non isola, ma potenzia la relazione. Scoto vede tutte le creature integrate in una fitta rete di relazioni, una catena dell’essere.

Anche Bacone cerca di mostrare l’ordine del cosmo come risultato dell’armoniosa integrazione di tutte le sue parti.

Tutti gli esseri sono in intima relazione nella carità, perché formano parte di un unico progetto di amore, ognuno con la sua propria dignità e il proprio obiettivo specifico.

 

Conclusione

Alla luce della visione francescana della natura, risulta evidente che bisogna superare l’attuale visione frammentaria, che è stata favorita dal metodo analitico e che ha accentuato il conflitto e la competizione a scapito della collaborazione. La nuova ecologia mentale dovrà riconoscere che la differenza non impedisce la relazione, ma la rende più autentica: siamo diversi, ma dipendiamo gli uni dagli altri e ogni creatura è necessaria per l’intero ecosistema. Lo stesso uomo è natura e non può abusare del proprio corpo né delle altre creature senza attentare contro la propria dignità.

L’esperienza di Francesco d’Assisi e la riflessione della scuola francescana accennano la necessità di recuperare la libertà amorosa, la gratuità, la fraternità e il bene comune, cioè quel tipo di relazioni familiari che rendono possibile la vita armonica e affettuosa nella casa comune.

I francescani partono dalla convinzione che “l’energia principale che muove l’animo umano è l’amore” e, perciò, sostengono che serve a poco conoscere la natura, analizzarla, svelare la sua struttura interna, se non la si ama. L’intelligenza senza la volontà amorosa risulta fredda e distaccata; a sua volta, la volontà dovrà essere sapiente. Propongono così una conoscenza sapienziale che va ben oltre l’attuale impostazione della conoscenza scientifica.

Come dice Benedetto XVI, “non c’è l’intelligenza e poi l’amore: ci sono l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore” (CV 30).

Nella grande famiglia cosmica, niente e nessuno è superficiale o accessorio. Formiamo parte di un’enorme e fitta rete di relazioni e siamo chiamati a rafforzare questi legami familiari e misericordiosi, mentre camminiamo insieme verso «un cielo nuovo e una terra nuova» (Ap 21,1).

 

Nota bibliografica.

Il presente Paper “Ecologia integrale. Il contributo della tradizione francescana” è stato redatto con la collaborazione di Martín Carbajo Núñez ofm (docente di teologia morale presso la Pontificia Università Antonianum e di etica della comunicazione presso l’Alfonsianum), e fa riferimento in particolare a contenuti proposti nel libro CARBAJO NÚÑEZ M., Ecologia francescana: radici della Laudato Si’, EfArantzazu 2016 (in spagnolo), Ed. Franciscana, Braga (in portoghese).

 

1 RUSSEL B., La perspectiva scientifica, Ariel, Barcelona 1975.

2 HUNTINGTON S.P., The clash of civilizations and the remaking of world order, Penguin, New York 1997.

3 DARWIN C., El origen de las especies, Univ. Nacional Autónoma, México DF 1997.

4 ZUBIRI X., Cursos universitarios, II, Alianza, Madrid 2010.

5 FRANCESCO, «Messaggio per la Quaresima 2016», 4-10-2015, n. 3, in OR 20 (27-01-2016) 7.

6 JOHNSON E.A., Women, Earth, and Creator Spirit, Paulist, New York 1993.

7 ZUBIRI X., Sobre la esencia, Alianza, Madrid 1985.

8 BENEDETTO XVI, «Discorso ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede», 16-12-2010, in OR (17-12-2010), 3.

9 GILSON É., La filosofia en la Edad Media: desde los origenes patristicos hasta el fin del siglo XIV, Gredos, Madrid 1982.

10 OCKHAM G. de, Opera politica, I c. 1 p. 229, lin. 18-26, Manchester UP, Manchester 1974.

11 MERINO J.A., Francesco d’Assisi e l’ ecologia, EMP 2010