Partecipazione all’opera del Dio della pace

Prof. Martin Carbajo Nùñez ofm

Ecco la traccia di Teologia del lavoro emersa dall’interessante dialogo con p. Martín Carbajo Núñez (Pontificia Università Antonianum e FST in Usa) nell’incontro promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa con la Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo e moderato da Alfiero Salucci, nel sesto appuntamento del Ciclo “Si vis pacem, para civitatem”. Nel contesto attuale di forte trasformazione, di precarizzazione del lavoro, un lavoro povero, è emersa l’importanza di rifarci ai valori fondamentali per recuperare la dignità del lavoro.
Sulla pagina youtube Fraternità Francescana Frate Jacopa è disponibile l’intera registrazione dell’incontro.

1. Concetto e importanza del lavoro
– Concetto generale di lavoro: “ogni attività umana orientata a produrre beni o servizi a sé o agli altri”
1. • Si include “ogni attività” (anche quella del poeta o del libero professionista), e quindi non si riduce al lavoro dipendente, stipendiato, salariato. Questa riduzione è purtroppo assai frequente nell’uso quotidiano.

2. Visione riduttiva del lavoro nella società attuale
• La società moderna si struttura in base al lavoro, ma esso è ridotto a qualcosa di marginale, centrato sull’avere (benefici, consumismo) e non sull’essere.
• Il capitalismo ha subordinato il lavoro alla produzione, riducendolo a semplice prodotto di consumo, senza altro valore se non il bene ficio economico che comporta.
• La ricerca ansiosa della massima produttività porta a disumanizzare il lavoro, emarginandone gli aspetti soggettivi e relazionali. In questa logica economicista, il lavoro facilita le relazioni di tipo commerciale e la coesistenza pacifica, ma non favorisce la comunione né aiuta a superare il proprio egoismo.
• Si tratta di relazioni funzionali, impersonali, che non coinvolgono l’individuo né lo fanno sentire responsabile del risultato della sua attività.
• Rieditando il detto “vizi privati, pubbliche virtù”, il liberalismo afferma che la mano invisibile del mercato trasforma automaticamente in utilità sociale quello che, in realtà, è una ricerca spudorata del proprio interesse2.
• Anche Marx nega che l’etica possa orientare efficacemente l’economia; al contrario, sarebbe l’economia, in quanto realtà metastorica, a dare origine alla morale3.

2.1. Antropologia pessimistica
– Sfiducia nei confronti della natura umana
• La mercificazione del lavoro e l’esaltazione individualista dell’io dominatore riflettono una profonda sfiducia nei confronti della natura umana, che è vista come incapace di altruismo e di solidarietà4.

2.2. Lavoro mercificato e guerra d’interessi
• In questa concezione antropologica individualista, il lavoro è visto in funzione del salario e dell’utilità immediata. Si considera che l’uomo cerca sempre di soddisfare i propri desideri, attraverso l’efficacia economica e il consumismo.
• Il possedere e il produrre soffocano l’essere per sé e per gli altri, annullando la possibilità dell’apertura incondizionata
• Le relazioni umane si incentrano sulla produzione (homo faber), dimenticando altre dimensioni fondamentali, come la contemplazione e l’ascolto.
• In questa prospettiva, il lavoro si trasforma in un’altra manifestazione della lotta per la sopravvivenza. Ognuno deve conquistarsi uno spazio, lottare per ottenere l’impiego più rimunerato o più prestigioso, farsi strada tramite il rapporto conflittuale con gli altri.

3. Lavoro ed antropologia cristiana: l’uomo, imago Dei
– L’uomo imago Dei
• In opposizione all’antropologia pessimistica liberale, la teologia cattolica proclama che l’uomo è immagine perenne, benché oscurata, del Dio uno e trino5.
L’imago Dei non deve intendersi in senso statico – per il fatto di avere una comune natura razionale (res cogitans) – bensì in senso relazionale6: per la capacità di amare e di donarsi in libertà7.

– La persona è intrinsecamente sociale
• L‘antropologia cristiana afferma che il lavoro risulta alienante quando non concorda obiettivamente con la natura del lavoratore.
• L’attività lavorativa è una dimensione fondamentale dell’essere umano, che così esprime e sviluppa la propria identità; pertanto, il lavoro diventa alienante quando contraddice quello che l’uomo è e quello che è chiamato ad essre.
• La persona che lavora in sintonia con il Creatore sviluppa la propria natura e prepara la pienezza della nuova creazione8.
Allontanandosi dalla comunione con Dio, l’essere umano si aliena, danneggia se stesso e va verso il nulla9.

3.1. Dimensione fondamentale dell’essere umano
– L’uomo è naturalmente “lavoratore”
• Attraverso il lavoro, afferma il suo essere più autentico.
• Partiremo da un’antropologia cristiana, basata sulla gratuità ed aperta alla trascendenza. In questo modo, il detto cartesiano “penso, dunque sono” si cambia in “sono amato, dunque sono”.
• L’attività lavorativa esprime e condiziona la forma in cui la persona percepisce la propria identità10; d’altra parte l’assenza di un lavoro stabile può nuocere all’autostima e portare a una profonda frustrazione11.
• Risulta, quindi, preoccupante la progressiva perdita del senso e della centralità del lavoro nella società attuale12. Il lavoro è visto come una merce, valutato in funzione del salario, considerato alieno alla propria realizzazione personale e senza legame diretto con il bene comune13.
• Questa riduzione provoca alienazione ed ostacola lo sviluppo armonioso dell’individuo come essere sociale.

3.2. Il lavoro in funzione della persona
– Il lavoro al servizio della persona
• Il valore del lavoro dipende dalla persona che lo realizza, perché essa “è e deve essere principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali”14. Il senso della vita umana non deriva dal lavoro, ma piuttosto avviene il contrario, giacché l’attività lavorativa deve inquadrarsi nel significato globale della nostra esistenza.

– Il lavoro è un diritto fondamentale dell’individuo,
• perché condiziona l’espressione e lo sviluppo della sua personalità. Assumendo un impiego, il lavoratore adotta un ruolo professionale che, attraverso un processo di socializzazione, determinerà il modo di capire se stesso, di agire e di essere visto dagli altri15.
• Si esclude, pertanto, qualunque forma di schiavitù e di sfruttamento lavorativo in base a un ipotetico beneficio sociale. L’essere umano ha diritto a un impiego16 che gli per. metta di esprimere il suo essere più autentico e di mettere liberamente a disposizione degli altri quello che è e quello che fa17.

– Il lavoro non è una punizione per il peccato originale
• Il lavoro fa parte della natura umana e, pertanto, non può ridursi a una conseguenza negativa del peccato originale. Più che obbedienza, pena o mezzo di santificazione, esso è espressione della propria identità18, collaborazione con il Creatore19, partecipazione all’opera redentrice di Cristo20.
• Il peccato danneggia le relazioni lavorative e provoca alienazione, dominio, ma non ha l’ultima parola. Il Dio che ha affidato il suo giardino alla cura dell’uomo21, continua a contare su di lui affinché, in comunità, sviluppi le potenzialità del creato22 e goda dei frutti della redenzione.
• La punizione per il peccato non è il lavoro, bensì la fatica ad esso associata. Peccando, l’essere umano perde il senso della propria attività, cadendo inutilmente nella ribellione e nell’orgoglio23.

3.3. Il lavoro nella logica del dono
– Il lavoro nella logica del dono
• Il cristianesimo inquadra il lavoro nella logica del dono, contraddicendo così qualunque tipo di mercificazione o assolutizzazione. Dio crea gratuitamente e gioisce per la creazione.
• L’atto creatore non è frutto della necessità, perché Egli non è un “Deus faber”.24
Conseguentemente, l’essere umano, imago Dei, non può trasformare il lavoro nell’unico orizzonte della sua esistenza, né questa può ridursi a quello che l’uomo produce con le roprie mani.
• La vita umana non si riduce al fare, che è sempre imperfetto25. La dignità dell’uomo non dipende dal successo delle sue azioni, bensì dalla relazione gratuita che, da sempre, Dio ha stabilito con lui. Pertanto, l’homo faber deve essere assunto dall’homo sapiens, che trova in Dio il senso della propria attività.

– Il salario in funzione della persona
• Nella visione cristiana della gratuità, il salario sta in funzione dell’individuo concreto. Indipendentemente della capacità o efficacia del lavoratore, la comunità deve garantirgli sempre una vita dignitosa.
• Questa è la logica del dono, non la logica del mercato. Nell’atto di valutare il lavoro e di fissare il salario, il criterio fondamentale non deve essere l’attività lavorativa in se stessa, bensì il lavoratore e le sue necessità26. Da parte sua, l’individuo deve collaborare attivamente con la comunità, mettendo in moto, generosamente, le proprie capacità.
• Lo scopo è quello di creare relazioni umane autentiche, evitando di ridurre il lavoro a un freddo scambio commerciale che non coinvolge la persona in quanto tale.

3.4. Il dominio sul creato
• Grazie alla logica del dono, cambia anche il dominio sul creato. La modernità riduce la natura ad un insieme di oggetti che l’uomo deve modellare a suo capriccio, perché non riconosce loro entità né senso intrinseco.
• Il liberalismo non ha alcun rispetto per il creato e quindi lo utilizza senza scrupoli, in funzione degli interessi del momento27. In modo simile, Marx afferma che la natura ha bisogno del lavoro umano per poter raggiungere la propria finalità, cioè, per essere umanizzata28.
• Nella visione cristiana, invece, la contempla. zione e l’ascolto sostituiscono il dominio dispotico. Il creato ha un valore in se stesso che è previo ed indipendente dall’utilità che se ne può ricavare.
• Ogni creature è stata chiamata da Dio all’esistenza, ordinata in un “cosmo” ed orientata verso la nuova creazione. L’uomo è chiamato a collaborare a questo piano divino, perché la natura ha bisogno di lui per poter sviluppare le proprie potenzialità, ma deve farlo in conformità con il piano divino29.
• Amare è volere che l’altro diventi se stesso, secondo la logica del suo essere30; pertanto, il lavoro deve rispettare la natura di tutto quanto esiste.

3.5. Il lavoro aperto alla trascendenza
– Il lavoro è la risposta attiva e riconoscente all’Amore divino.
• Più che obbligo morale, il lavoro è grazia, benedizione. Lavorando, l’uomo si riconosce dono divino, accoglie gioiosamente i propri carismi e si sente spronato, sotto l’azione dello Spirito Santo, a donarsi totalmente. Il momento contemplativo, di gratitudine per il dono ricevuto, porta al momento attivo, che nell’etica cristiana viene descritto come vita nello Spirito di Dio31.
• In questo modo, il lavoro è in sintonia con la profondità del proprio essere, con le proprie qualità, per mettere tutto quanto siamo al servizio degli altri, in modo libero e gratuito.
• L’aspetto determinante non è l’efficacia, bensì il dono, la gratuità, l’alleanza32. La logica della croce rimpiazza la logica del dominio.
• Così, il lavoro non è antagonismo competitivo, carrierismo, ricerca ansiosa del massimo profitto, ma collaborazione, dono di se stesso, espressione di speranza teologale e di carità
• Donarsi suppone riconoscere l’altro come compagno di cammino, fidarsi e collaborare con lui.

– Dimensione escatologica del lavoro
• Nella fatica associata al lavoro, l’essere umano si percepisce come creatura, bisognosa di Dio e degli altri. Per dare senso ai limiti della sua attività storica, l’uomo deve aprirsi alla speranza escatologica, che darà pieno compimento all’opera delle sue mani.
• Allora, l’attività umana, che trasforma il caoss in cosmo, troverà la sua pienezza nella serenità dell’incontro definitivo con il Creatore, quando Dio sarà tutto in tutti33.
• Il tempo ha un carattere sacro, non riducibile alla sola produttività34. La speranza escatologica mette in evidenza anche l’importanza di altre dimensioni della vita umana che non dipendono dalla logica del mercato, quali la gratuità, la contemplazione, l’ospitalità, la festa, il sentirsi bene con l’altro, in totale gratuità. Senza di esse, la persona perde il senso profondo della propria esistenza.

Conclusione
– L’“inevitabile” guerra di interessi
• La teoria sociale moderna sembra avere dimenticato l’oblatività, il dono gratuito, e al suo posto ha messo il contratto sociale e l’etica di minimi, relegando il resto dei valori all’ambito privato.
• Per evitare mali maggiori, si cerca di incanalare l’“inevitabile” guerra di interessi, l’individualismo feroce e la legge del più forte. In questo contesto di vicendevole sfiducia, i diritti umani sono visti soprattutto come barriere protettive di fronte ai prevedibili abusi, invece di porre le basi affinché ognuno possa sviluppare fiduciosamente la sua innata capacità di donazione.
• Il lavoro non è espressione di solidarietà e di collaborazione al bene comune, bensì lotta sotterranea per ottenere il posto più alto, competizione sleale per assicurarsi egoisticamente i maggiori benefici.
• Si suppone che il lavoratore sia un opportunista interessato, che cerca di procurarsi il maggior guadagno con il minimo sforzo, per cui bisogna tenerlo sotto controllo. Per evitare gli abusi, si usa una doppia strategia: l’incentivo finanziario e la minaccia di forti penalizzazioni.
– Risposta della teologia cristiana
• Opponendosi a questa antropologia negativa, la teologia cristiana afferma che l’essere umano è immagine perenne del Dio trinitario e, pertanto, è capace di altruismo e solidarietà.
• Se l’egoismo non è inevitabile, non c’è neanche bisogno di costruire un sistema sociale basato sulla guerra di interessi.
• L’ambito della politica e del lavoro non sono alieni all’economia della salvezza, perché l’attività lavorativa, considerata in se stessa, risponde alla volontà divina ed è come un ministero di collaborazione all’opera del Creatore.
• Possiamo lavorare insieme per costruire il bene comune, in perenne ascolto della Parola di Dio e mettendo al servizio degli altri i carismi che gratuitamente abbiamo ricevuto.

– Logica del dono
• A partire da questa logica personalista del dono, non interessa tanto ciò che l’uomo fa, ma piuttosto il perché lo fa. Indipendentemente dal salario o dal prodotto, il lavoratore sviluppa la propria umanità, risponde alla propria vocazione e costruisce la vita sociale: crea qualcosa per qualcuno, lavora con gli altri e per gli altri35. Per questo motivo, il lavoro è “la chiave essenziale, di tutta la questione sociale”36.
• Questo compito umano e umanizzante esprime e potenzia la capacità di donarsi in libertà per costruire relazioni pacifiche con gli altri, con la creazione e con Dio.

* Teologia morale e Etica della comunicazione
(Pontificia Università Antonianum
e FST in Usa)

1 E. CHIAVACCI, Teologia morale, III/2, Cittadella, Assisi 1980, 192. Il modo di intendre e vivire il lavoro cambia con il variare dei tempi e delle culture. Cf. V. TRANQUILLI, Il concetto di lavoro da Aristotele a Calvino, Ricciardi, Milano 1979. Comunque, il lavoro non è caratterizzato tanto da cosa si fa, ma soprattutto dal perché lo si fa: ad esempio, un’attività sportiva per alcuni può essere un semplice svago, per altri può costituire un vero lavoro.
2 Cf. A. SMITH, Ricerca sopra la natura e la causa della ricchezza delle nazioni, Torino 1950, 409. La società liberale ruota attorno allo “spirito del denaro”. Cf. A. ZHOK, Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo, Milano 2006.
3 Cf. N. CHURCHICH, Marxism and Morality, A Critical examination of Marxist ethics, Cambridge 1994, 88.
4 Il liberalismo ritiene che l’individuo sia alieno e preesistente alla società, con la quale stabilisce solo un contratto di convenienza. Dovrà essere sempre vigilante. I diritti sono barriere per difendersi dai “lupi” che lo circondano (homo homini lupus) e si parla poco di doveri.
5 Il lavoro manifesta che l’uomo è immagine di Dio: Gn 1,27- 28; LE 4.
6 L’uomo è immagine dell’Immagine, 2Cor 4,4; LE 1,15, figlio nel Figlio. Si tratta di un concetto dinamico che esigeuna continua trasformazione interna (2Cor 3,18). Cfr. COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Comunione e servizio. La persona umana creata a immagine di Dio, 23-07- 2004, in La Civiltà Cattolica IV (2004) 254-286.
7 L’accento non cade sulla libertà negativa, intesa come indipendenza, scelta autonoma, autosufficienza sovrana, “avere libertà”, bensì sulla capacità di amare, cioè “la libertà per”.
“È, infatti, mediante il libero dono di sé che l’uomo diventa autenticamente se stesso”. GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Centesimus annus, [=CA], 1-05-1991, in AAS 83 (1991) 793- 867, n. 41.
8 Cf. Ap 21,1; 2Pt 3,13. La spiritualità del lavoro deve fare riferimento alla trasformazione del mondo che avverrà definitivamente nella nuova creazione e che lo Spirito anticipa già nel presente. L‘attività lavorativa è frutto dello Spirito Santo, che agisce in noi. In essa troviamo “quasi come un annuncio dei «nuovi cieli e di una terra nuova»”. LE 27.
9 Gv 15,6. “Qualunque sia il tipo di lavoro, il lavoratore deve poterlo vivere come espressione della sua personalità”. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione Libertatis Conscientia, [=LiC], 22-03-1986, in Acta Apostolicae Sedis, [=AAS], 79 (1987) 554-599, n. 86.
10 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, [=CEC], Madrid 1999, n. 2436; Cf. GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Laborem Exercens, [=LE], 14-09-1981, in AAS 73 (1981) 577-647, n. 18.
11 Il concetto di lavoro varia a seconda dei periodi storici e riflette la concezione antropologica soggiacente. In modo generale, possiamo definirlo come “un’attività mirante a produrre beni o servizi a sé o agli altri” (E. CHIAVACCI, Teologia morale, III/2, 3 vol., Assisi 1980, 192). Il concetto non si limita, pertanto, al lavoro dipendente o stipendiato. È lavoro anche l’attività del poeta. Ibid.
12 Come ogni attività umana, il lavoro è vissuto da diverse prospettive: economica, antropologica, psicologica, sociale, etica. L’attuale mercificazione del lavoro è frutto di un‘accentuazione esagerata posta sulla dimensione economica, a danno di altre dimensioni più fondamentali.
13 GS 25. 14 Pertanto, il contratto, le condizioni lavorative e il salario ricevuto devono essere consoni alla dignità dell’uomo. LiC 86.
15 Il lavoro è un mezzo necessario per esprimere e sviluppare la propria dignità di figlio di Dio. Cf. GS 29. Pertanto, la disoccupazione è “una vera calamità sociale”. LE 18.
16 Cf. GS 67. L’uomo è intrinsecamente sociale e troverà la propria realizzazione nel far fruttificare al massimo i doni che gratuitamente ha ricevuto da Dio. In questa logica della gratuità, il guadagno economico non deve essere il criterio fondamentale nello scegliere la propria professione, ma le proprie qualità e le necessità del bene comune. Ugualmente, il beneficio non sarà il primo obiettivo dell’impresa (mentalità mercantilista).
17 CEC 2427. Il lavoro appartiene “alla condizione originaria dell’uomo”. BENEDETTO XVI, Omelia, 19-03-2006; Cf. Gn 2,15; 9,1-17. Lavorando, l’uomo “perfeziona se stesso” (GS 35) e imita “Dio, suo Creatore, perché porta in sé – egli solo – il singolare elemento della somiglianza con lui”. LE 25.
18 Gn 1,28. “L’uomo, ogni essere umano, riflette l’azione stessa del Creatore dell’universo”. LE 4.
19 “L’uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro, si associa all’opera stessa redentiva di Cristo”. GS 67; Cf. CEC 2427; LE 27.
20 Gn 2,15.
21 Cf. GS 34; LE 25.
22 Gn 11,1-9.
23 J. MOLTMANN, Sul gioco. Saggi sulla gioia della libertà e sul piacere del gioco, Brescia 19882, 34.
24 Gb 9,1-3; Is 65,21-23. La pienezza di quanto esiste non dipende dall’uomo e, pertanto, il lavoro deve essere vissuto nella gratuità del dono ricevuto. Cf. Gb 28,23; 2Cor 5,14. “Il salario, che non può essere concepito come una semplice merce, deve consentire al lavoratore e alla sua famiglia di avere accesso a un livello di vita veramente umano”. LiC 86. Questo tipo di relazione, non dipendente, esprime il senso della giustizia distributiva.
25 Sull’uso ed abuso della natura da parte del capitalismo neoliberale: G. RICOVERI, ed., Capitalismo, natura, socialismo, Milano 2006.
26 Jonas afferma che il tipo di umanizzazione della natura proposta dal marxismo è sinonimo di sottomissione e sfruttamento. H. JONAS, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino 1993, 269ss.
27 Il lavoro risponde alla volontà divina. Gn 1,28; 2,15; GS 34. 28 O. TODISCO, Dall’io penso tomista all’io voglio scotista, in Miscellanea francescana 3-4 (2004) 521.
29 G. MANZONE, Il lavoro…, 143. Con i suoi doni lo Spirito umanizza, opera per l’umanizzazione del lavoro, trasformandolo in risposta alla chiamata di Dio. Lo Spirito concede i suoi doni come vuole e quando vuole (1Cor 12,11). Non siamo statici; possiamo crescere, acquisire nuove qualità e nuovi carismi e quindi donarli in modi nuovi. La persona aperta a Dio non può chiudersi in quello che “sempre ha fatto”, rinunciando al discernimento.
30 Cf. Ef 6,6. Questo non dispensa dall’usare la tecnica né dal fare le analisi adeguate per ottenere una maggiore efficacia, purché non si contraddica il senso dell’operare umano.
31 Cf. 1Cor 15,28. Il riposo domenicale acquisisce pieno senso e significato nella relazione esistente tra il settimo giorno e il giorno senza tramonto del tempo escatologico. In qualche modo, il lavoro anticipa e rende già presente nella storia quella speranza escatologica. LE 88.
32 “Senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro. Chiuso dentro la storia, esso è esposto al rischio di ridursi al solo incremento dell’avere; l’umanità perde così il coraggio di essere disponibile per i beni più alti, per le grandi e disinteressate iniziative sollecitate dalla carità universale”. BENEDETTO XVI, lettera enciclica Caritas in Veritate, 29-06-2009, [=CV], n. 11.
33 LE 8; CA 31.
34 LE 3.