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DALLA LEGGENDA MAGGIORE DI S. BONAVENTURA E DAL TRATTATO DEI MIRACOLI DI TOMMASO DA CELANO (FF 1238-1243. 860)

 

Avendo conosciuto molto tempo prima il giorno del suo transito, quando esso fu imminente disse ai frati che entro poco tempo doveva deporre la tenda del suo corpo, come gli era stato rivelato da Cristo. Nei due anni che seguirono la impressione delle stimmate, egli, come una pietra destinata all’edificio della Gerusalemme celeste, era stato squadrato dai colpi della prova, per mezzo delle sue molte e tormentose infermità, e, come un materiale duttile, era stato ridotto all’ultima perfezione sotto il martello di numerose tribolazioni. Nell’anno ventesimo della sua conversione, chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola, per rendere a Dio lo spirito della vita, là dove aveva ricevuto lo spirito della grazia.
Pochi giorni prima di morire, chiese che fosse avvertita a Roma donna Giacoma, perché se voleva vedere colui che già aveva tanto amato come esule in terra e che ora era prossimo al ritorno verso la patria, si affrettasse a venire. Si scrive una lettera, si cerca un messo molto veloce e trovatolo si dispose al viaggio. All’improvviso si udì alla porta un calpestio di cavalli, uno strepito di soldati e il rumore d’una comitiva. Uno dei confratelli, quello che stava dando istruzioni al messo, si avvicinò alla porta e si trovò alla presenza di colei, che invece cercava lontano. Stupito, si avvicinò in fretta al Santo e pieno di gioia disse: “Padre, ti annunzio una buona novella”. Il Santo prevenendolo, gli rispose: “Benedetto Dio, che ha condotto a noi donna Giacoma, fratello nostro! Aprite le porte, esclama, e fatela entrare, perché per frate Giacoma non c’è da osservare il decreto relativo alle donne!”. La santa donna aveva portato un panno di colore cenerino, con cui coprire il corpicciuolo del morente, parecchi ceri, una sindone per il volto, un cuscino per il capo, e un certo dolce che il Santo aveva desiderato.
Francesco disteso sulla terra, dopo aver deposto le veste di sacco, sollevò la faccia al cielo, secondo la sua abitudine, totalmente intento a quella gloria celeste, mentre con la mano sinistra copriva la ferita del fianco destro, che non si vedesse. E disse ai frati: “Io ho fatto la mia parte; la vostra Cristo ve la insegni”.
Piangevano, i compagni del Santo, colpiti e feriti da mirabile compassione. E uno di loro, che l’uomo di Dio chiamava suo guardiano, conoscendo per divina ispirazione il suo desiderio, si levò su in fretta, prese la tonaca, la corda e le mutande e le porse al poverello di Cristo dicendo: “lo te le do in prestito, come a un povero, e tu prendile con il mandato della santa obbedienza”. Ne gode il Santo e giubila per la letizia del cuore, perché vede che ha serbato fede a madonna Povertà fino alla fine.
Mentre tutti i frati stavano intorno a lui, stese sopra di loro le mani, intrecciando le braccia in forma di croce (giacché aveva sempre amato questo segno) e benedisse tutti i frati, presenti e assenti, nella potenza e nel nome del Crocifisso. Inoltre aggiunse ancora:”State saldi, o figli tutti, nel timore del Signore e perseverate sempre in esso! E, poiché sta per venire la tentazione e la tribolazione, beati coloro che persevereranno nel cammino iniziato! Quanto a me, mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla Sua grazia!”.
Terminata questa dolce ammonizione, l’uomo a Dio carissimo comandò che gli portassero il libro dei Vangeli e chiese che gli leggessero il passo di Giovanni, che incomincia: “Prima della festa di Pasqua…”. Egli, poi, come poté, proruppe nell’esclamazione del salmo: “Con la mia voce al Signore io grido; con la mia voce il Signore io supplico” e lo recitò fin al versetto finale: “Mi attendono i giusti, per il momento in cui mi darai la ricompensa”.
Quando, infine, furono compiuti in lui tutti i misteri, quell’anima santissima, sciolta dal corpo, fu sommersa nell’abisso della chiarità divina e l’uomo beato s’addormentò nel Signore.
A lode di Dio e del suo Servo Francesco