Nella Lettera ai Fedeli S. Francesco divide gli uomini in penitenti e non penitenti. Questi ultimi sono prigionieri del gloria-san-francescoproprio egoismo, mentre i primi “amano con tutto il cuore, con tutta l’anima e la mente, con tutta la forza e amano i loro prossimi come se stessi”(FF 178/1).

La penitenza proposta dal Santo è la strada per chi crede che l’amore sia la propria radice e vuole recuperarla risanando la capacità di amare limitata dal peccato. È la strada per consentire a Dio di entrare nella propria vita e per ritrovare così la propria dimensione e la propria identità relazionale.

Nel Testamento S. Francesco ci lascia in eredità la sua esperienza: “Essendo io nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi”(FF 110).

Il peccato non gli consentiva di avere belle relazioni coi lebbrosi perché non era libero di amare. Infatti il peccato gonfia l’io, lo rende autosufficiente e blocca l’andare verso l’altro non solo per donare ma anche per ricevere.

Si racconta infatti che S. Francesco faceva l’elemosina anche prima della conversione, ma si poneva su un piano diverso rifiutando l’incontro col lebbroso.

Però un giorno Dio entrò nella sua vita e gli “concesse” d’incominciare a fare penitenza per risanare la sua capacità di amare.

L’amore non è frutto dei propri sforzi, ma richiede un cammino di conversione (da cum-vertere), che non si fa da soli.

S. Francesco condusse il suo cammino penitenziale incontrando Cristo vivo attraverso il Vangelo. Studiando gli atteggiamenti di Cristo povero e obbediente (vedi “obbedienza” e “povertà”) li assunse in sé e il suo modo di amare fu trasformato. Mutarono i suoi pensieri di autosufficienza e si sentì una creatura nelle mani del Creatore, bisognosa di essere continuamente creata e resa capace di amare gli altri.

Don Tonino Bello parla di “cenere” sulla testa per cambiare i propri pensieri, per arrivare successivamente all’“acqua” nei piedi degli altri, come verifica del cammino penitenziale.

Anche S. Francesco fa questa verifica avvertendo che qualcosa è cambiato in lui per grazia di Dio: ama come non aveva mai amato prima e gusta anche col corpo la bellezza di un amore libero da egoismo e capace di relazionarsi nella reciprocità.

Usai con essi misericordia” (FF 110) è l’espressione di chi sa porsi su un piano di un’umanità veramente e pienamente realizzata “degno frutto di penitenza”.

 

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