Cari fratelle e sorelle, buongiorno!
Nella catechesi precedente abbiamo visto come la preghiera cristiana sia “ancorata” alla Liturgia. Oggi metteremo in luce come dalla Liturgia essa ritorni sempre alla vita quotidiana: per le strade, negli uffici, sui mezzi di trasporto… E lì continua il dialogo con Dio: chi prega è come l’innamorato, che porta sempre nel cuore la persona amata, ovunque egli si trovi.
In effetti, tutto viene assunto in questo dialogo con Dio: ogni gioia diventa motivo di lode, ogni prova è occasione per una richiesta di aiuto. La preghiera è sempre viva nella vita, come fuoco di brace, anche quando la bocca non parla, ma il cuore parla. Ogni pensiero, pur se apparentemente “profano”, può essere permeato di preghiera. Anche nell’intelligenza umana c’è un aspetto orante; essa infatti è una finestra affacciata sul mistero: rischiara i pochi passi che stanno davanti a noi e poi si apre alla realtà tutta intera, questa realtà che la precede e la supera. Questo mistero non ha un volto inquietante o angosciante, no: la conoscenza di Cristo ci rende fiduciosi che là dove i nostri occhi e gli occhi della nostra mente non possono vedere, non c’è il nulla, ma c’è qualcuno che ci aspetta, c’è una grazia infinita. E così la preghiera cristiana trasfonde nel cuore umano una speranza invincibile: qualsiasi esperienza tocchi il nostro cammino, l’amore di Dio può volgerla in bene.
A questo proposito, il Catechismo dice: «Noi impariamo a pregare in momenti particolari, quando ascoltiamo la Parola del Signore e quando partecipiamo al suo Mistero pasquale; ma è in ogni tempo, nelle vicende di ogni giorno, che ci viene dato il suo Spirito perché faccia sgorgare la preghiera. […] Il tempo è nelle mani del Padre; è nel presente che lo incontriamo: né ieri né domani, ma oggi» (n. 2659). Oggi incontro Dio, sempre c’è l’oggi dell’incontro.
Non esiste altro meraviglioso giorno che l’oggi che stiamo vivendo. La gente che vive sempre pensando al futuro: “Ma, il futuro sarà meglio…”, ma non prende l’oggi come viene: è gente che vive nella fantasia, non sa prendere il concreto del reale. E l’oggi è reale, l’oggi è concreto. E la preghiera avviene nell’oggi. Gesù ci viene incontro oggi, questo oggi che stiamo vivendo. Ed è la preghiera a trasformare lo questo oggi in grazia, o meglio, a trasformarci: placa l’ira, sostiene l’amore, moltiplica la gioia, infonde la forza di perdonare. In qualche momento ci sembrerà di non essere più noi a vivere, ma che la grazia viva e operi in noi mediante la preghiera. E quando ci viene un pensiero di rabbia, di scontento, che ci porta verso l’amarezza. Fermiamoci e diciamo al Signore: “Dove stai? E dove sto andando io?” E il Signore è lì, il Signore ci darà la parola giusta, il consiglio per andare avanti senza questo succo amaro del negativo. Perché sempre la preghiera, usando una parola profana, è positiva. Sempre. Ti porta avanti. Ogni giorno che inizia, se accolto nella preghiera, si accompagna al coraggio, così che i problemi da affrontare non siano più intralci alla nostra felicità, ma appelli di Dio, occasioni per il nostro incontro con Lui. E quando uno è accompagnato dal Signore, si sente più coraggioso, più libero, e anche più felice.
Preghiamo dunque sempre per tutto e per tutti, anche per i nemici. Gesù ci ha consigliato questo: “Pregate per i nemici”. Preghiamo per i nostri cari, ma anche per quelli che non conosciamo; preghiamo perfino per i nostri nemici, come ho detto, come spesso ci invita a fare la Scrittura. La preghiera dispone a un amore sovrabbondante. Preghiamo soprattutto per le persone infelici, per coloro che piangono nella solitudine e disperano che ci sia ancora un amore che pulsa per loro. La preghiera compie miracoli; e i poveri allora intuiscono, per grazia di Dio, che, anche in quella loro situazione di precarietà, la preghiera di un cristiano ha reso presente la compassione di Gesù: Lui infatti guardava con grande tenerezza le folle affaticate e smarrite come pecore senza pastore (cfr Mc 6,34). Il Signore è – non dimentichiamo – il Signore della compassione, della vicinanza, della tenerezza: tre parole da non dimenticare mai. Perché è lo stile del Signore: compassione, vicinanza, tenerezza.
La preghiera ci aiuta ad amare gli altri, nonostante i loro sbagli e i loro peccati. La persona è sempre più importante delle sue azioni, e Gesù non ha giudicato il mondo, ma lo ha salvato. È una brutta vita quella di quelle persone che sempre giudicano gli altri, sempre stanno condannando, giudicando: è una vita brutta, infelice. Gesù è venuto per salvarci: apri il tuo cuore, perdona, giustifica gli altri, capisci, anche tu sii vicino agli altri, abbi compassione, abbi tenerezza come Gesù. Bisogna voler bene a tutti e a ciascuno ricordando, nella preghiera, che siamo tutti quanti peccatori e nello stesso tempo amati da Dio ad uno ad uno. Amando così questo mondo, amandolo con tenerezza, scopriremo che ogni giorno e ogni cosa porta nascosto in sé un frammento del mistero di Dio.
Scrive ancora il Catechismo: «Pregare negli avvenimenti di ogni giorno e di ogni istante è uno dei segreti del Regno rivelati ai “piccoli”, ai servi di Cristo, ai poveri delle beatitudini. È cosa buona e giusta pregare perché l’avvento del Regno di giustizia e di pace influenzi il cammino della storia, ma è altrettanto importante “impastare” mediante la preghiera le umili situazioni quotidiane. Tutte le forme di preghiera possono essere quel lievito al quale il Signore paragona il Regno» (n. 2660).
L’uomo – la persona umana, l’uomo e la donna – è come un soffio, come un filo d’erba (cfr Sal 144,4; 103,15). Il filosofo Pascal scriveva: «Non serve che l’universo intero si armi per schiacciarlo; un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo».[1] Siamo esseri fragili, ma sappiamo pregare: questa è la nostra più grande dignità, anche è la nostra fortezza. Coraggio. Pregare in ogni momento, in ogni situazione, perché il Signore ci è vicino. E quando una preghiera è secondo il cuore di Gesù, ottiene miracoli.
[1] Pensieri, 186.