Il Papa nell’enciclica “Fratelli Tutti” riconosce che S. Francesco è stato un padre fecondo che ha suscitato “il sogno di una società fraterna” (FT 4). Per poter vivere questo sogno il Papa in questa enciclica ritiene si debba prima di tutto partire dalla denuncia dell’arroganza della società attuale costituita da individui che hanno la pretesa di appartenere solo a se stessi e di trovare la felicità nell’essere isole prive di legami.
A tale società il Papa contrappone un’umanità capace di “generare futuro” (FT 53) umilmente attraverso un dono sincero di sé stessi stabilendo legami di fedeltà che provochino un “accrescimento di essere” (FT 88).
Per raggiungere questo traguardo è necessario un “dinamismo di apertura e di unione verso le altre persone. Tale dinamismo è la carità che Dio infonde” (FT 91).
Il fratello Gesù
Come possiamo rapportarci a Dio Padre?
A Filippo, che chiede a Gesù di mostrargli il Padre, Gesù risponde che nessuno tra gli uomini lo ha mai visto, né può vederlo, perché “il Padre abita una luce inaccessibile” (FF 141).
Ma Lui, Verbo incarnato, ha reso possibile la visione del Padre. Lui, disceso dal cielo dove stava alla destra del Padre, può guidarci a conoscere la carità del Padre e a uscire così da noi stessi. Grazie alla sua umile discesa Lui ci può insegnare come seguirlo e come diventare dimora della carità di Dio in modo da realizzare il sogno di costruire una fraternità.
Infatti S. Francesco agendo in comunione col Verbo incarnato, fratello “primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,29), costruì legami fraterni con tutti e considerò come un dono di Dio e non un suo merito, i compagni che si unirono a lui (cfr. FF 116).
L’azione esemplare
La prima delle Ammonizioni di S. Francesco contempla il Padre che “abita una luce inaccessibile” (FF 141), ma vuole camminare con il suo popolo, perciò si rende accessibile nel Figlio, donato a noi come modello di umiltà da imitare nel cammino verso la santità (cfr. GE 118).
S. Francesco considera umile il frate superiore che esercita l’autorità sugli altri stando tra loro come se fossero i suoi signori (cfr. FF 173). E si gloria del suo incarico come se si gloria di lavare i piedi dei fratelli (cfr. FF 152). E si turba quando gli viene tolto questo servizio ammassando così un “tesoro fraudolento” (FF 152).
Queste prescrizioni, tratte dalle Ammonizioni, fanno pensare all’azione esemplare per eccellenza compiuta da Gesù. Ce lo dice lui stesso: “Voi mi chiamate maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,13-14).
Gesù si umilia servendo i suoi discepoli che Egli considera come suoi signori. Servendoli li converte a sé e li rende in grado di essere loro stessi servitori di altri peccatori.
Così deve fare il fratello, se vuole esercitare l’umiltà, nei confronti dei peccatori che, diventati oggetto delle sue cure, possono sentirsi amati e convertirsi.
Il fratello, anche se ha la carica di superiore, non deve adirarsi contro il fratello peccatore, ma – dice S. Francesco – “con tutta pazienza e umiltà lo ammonisca e lo sostenga” (FF 198).
Fondamentale è non confondere il peccato, che è da condannare, con il peccatore che ha bisogno di ricevere misericordia per convertirsi.
L’umiltà può essere esercitata in tanti altri modi, ma a S. Francesco stava particolarmente a cuore che i suoi fratelli, qualunque fosse il loro incarico, si amassero ed evitassero mormorazioni, liti, dispute di parole, calunnie e maldicenze alle quali voleva che si preoccupassero “di rispondere con umiltà dicendo: Sono servo inutile” (FF 36). Nei confronti del Padre, che odia la calunnia e la maldicenza tra i suoi figli, il servo inutile, dopo aver fatto tutto quello che gli è stato ordinato, dichiara: “Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10).
Graziella Baldo
Il Cantico