La nostra madre terra, anche quest’anno, senza mettere in conto le gravi ferite che ogni giorno le causiamo, ci viene incontro ammantata di fiori e di primavera. Le nuove gemme apparse sui rami ci annunciano che una vita nuova riparte e che è possibile la speranza.
Ma noi abbiamo bisogno di un annuncio più forte e solo raramente riusciamo a prendere in considerazione gli inviti della sorella natura. Noi abbiamo bisogno della Pasqua, del passaggio da una situazione di schiavitù e di morte alla liberazione, alla vita. Siamo consapevoli di non avere forze per un cambiamento così radicale e profondo e per questo ci affidiamo alla misericordia gratuita di Dio appoggiandoci sulla storia che Egli ha fatto con l’umanità fin dall’inizio. La condizione in cui viviamo in questo tempo è una crisi pesante. Su tutta l’umanità ha causato sofferenze la pandemia del Covid 19 che ci ha gettato in una depressione generale riducendo le relazioni tra di noi e mettendoci in una precarietà eccessiva. Alla pandemia si è aggiunta una guerra ingiusta, crudele che ogni giorno mette davanti ai nostri occhi orribili crimini di crudeltà su persone indifese, su bambini, su donne che hanno solo il desiderio di vivere. Ci domandiamo: dove stiamo andando? L’esperienza di due guerre mondiali non conta più niente? Su che cosa o su chi possiamo sperare?
Ci viene incontro la Pasqua e noi, carichi della sofferenza di tutta l’umanità, poniamo in essa tutta la nostra speranza. Come agli Ebrei nel tempo dell’Esodo, è la nostra stessa situazione che grida a Dio e che invoca il suo aiuto: “Io stesso (Dio) ho udito il lamento degli Israeliti, che gli Egiziani resero loro schiavi e mi sono ricordato della mia Alleanza” (Es 6,5). E Dio intervenne con il suo braccio potente, spezzando la loro schiavitù e aprendo una via di libertà e di salvezza nel deserto, conducendo il Popolo a rinnovare l’Alleanza e a fare Pasqua.
Ma la Pasqua è vita, è una realtà in cammino. La Pasqua degli Ebrei era una figura della vera Pasqua che fu celebrata da Gesù Cristo, anzi Lui è la Pasqua. Si fece uomo, prese la nostra carne, per celebrare la Pasqua: volontariamente accettò di essere condannato, di essere percosso, schernito, condannato a morire in croce fuori le mura della città, sepolto. Ma non marcì nella tomba e poi sia per la sua forza, sia per l’amore del Padre e sia per la potenza dello Spirito risuscitò da morte, dopo aver sconfitto la morte, il potere di Satana e ogni potere che teneva schiavo l’uomo. Come scrive Papa Francesco: “La Resurrezione di Gesù non è cosa del passato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della Resurrezione. È una forza senza uguali” (EG 276).
La Pasqua di morte e resurrezione di Gesù, che manifesta anche l’amore che Dio ha per l’umanità e non permette che sia tenuta schiava di satana e del male, è sempre con noi, è sulla stessa barca in cui siamo imbarcati anche noi, pur sballottati dai flutti del lago in tempesta. Con Lui fiorisce la speranza e non ha casa la depressione e la paura.

p. Lorenzo Di Giuseppe

 

Come vorrei togliervi dall’anima, quasi dall’imboccatura di un sepolcro, il macigno che ostruisce la vostra libertà, che non dà spiragli alla vostra letizia, che blocca la vostra pace! Posso dirvi però una parola. Sillabandola con lentezza per farvi capire di quanto amore intendo caricarla: “coraggio”! La Risurrezione di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore, è il paradigma dei nostri destini. La Risurrezione. Non la distruzione. Non la catastrofe. Non l’olocausto planetario. Non la fine. Non il precipitare nel nulla.
Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti che abusano di voi.
Coraggio, disoccupati.
Coraggio, giovani senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad accorciare sogni a lungo cullati.
Coraggio, gente solitaria, turba dolente e senza volto.
Coraggio, fratelli che il peccato ha intristito, che la debolezza ha infangato, che la povertà morale ha avvilito. Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di “amare”, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che chiuda, non c’è macigno sepolcrale che non rotoli via.
Auguri. La luce e la speranza allarghino le feritoie della vostra prigione.

(don Tonino Bello, vescovo)