LA VIA DELLA POVERTÀ

 

Francesco si spogliò di tutto, davanti a suo padre, al Vescovo, e alla gente di Assisi. Fu un gesto profetico, e fu anche un atto di preghiera, un atto di amore e di affidamento al Padre che è nei cieli.

Con quel gesto Francesco fece la sua scelta: la scelta di essere povero. Non è una scelta sociologica, ideologica, è la scelta di essere come Gesù, di imitare Lui, di seguirlo fino in fondo. Gesù è Dio che si spoglia della sua gloria… Francesco si è spogliato di ogni cosa, della sua vita mondana, di se stesso, per seguire il suo Signore, Gesù, per essere come Lui… La spogliazione di S. Francesco ci dice semplicemente quello che insegna il Vangelo: seguire Gesù vuol dire metterlo al primo posto, spogliarci delle tante cose che abbiamo e che soffocano il nostro cuore, rinunciare a noi stessi, prendere la croce e portarla con Gesù. Spogliarsi dell’io orgoglioso e distaccarsi dalla brama di avere, dal denaro, che è un idolo che possiede.

Tutti siamo chiamati ad essere poveri, spogliarci di noi stessi; e per questo dobbiamo imparare a stare con i poveri, condividere con chi è privo del necessario, toccare la carne di Cristo! Il cristiano non è uno che si riempie la bocca coi poveri, no! È uno che li incontra, che li guarda negli occhi, che li tocca… Questa è la via cristiana, quella che ha percorso S. Francesco.

Per tutti, anche per la nostra società che dà segni di stanchezza, se vogliamo salvarci dal naufragio, è necessario seguire la via della povertà, che non è la miseria – questa è da combattere –, ma è il saper condividere, l’essere più solidali con chi è bisognoso, il fidarci più di Dio e meno delle nostre forze umane…

Ogni cristiano, la Chiesa, ogni uomo e donna di buona volontà, sappia spogliarsi di ciò che non è essenziale per andare incontro a chi è povero e chiede di essere amato.

(Papa Francesco, Incontro con i poveri al Vescovado di Assisi, ott. 2013)

 

Il Calendario Francescano 2015 “Poveri per vivere da fratelli” di mese in mese, attraverso un passo delle Fonti Francescane ed un breve commento, ci guida a scoprire la ricchezza della povertà, in un cammino di esodo dalla nostra autosufficienza e dalla durezza del nostro cuore per aiutarci a passare dalla logica dello scarto alla grazia della fraternità. Buon cammino a tutti!

 

L’immagine di S. Francesco che si spoglia delle vesti nella pubblica piazza di Assisi in caljpegpresenza del Vescovo, costituisce per noi un forte richiamo a cogliere la sfida lanciata dal Santo di Assisi tuttora attuale e pregnante di significato, che consiste nella realizzazione della povertà radicale secondo i dettami del Vangelo.

Che si trattasse di una sfida lo avvertirono anche il Vescovo Guido di Assisi e i cardinali presenti a Roma quando S. Francesco chiese l’approvazione della sua Regola di vita. Contro le previsioni più pessimistiche, egli riuscì a far accettare la sua proposta di povertà totale che sembrava impossibile da realizzare.

Oggi questa sfida appare molto lontana dalla possibilità di essere accettata in un mondo come il nostro, pervaso da un linguaggio tecnicistico volto esclusivamente al profitto. Tuttavia non dobbiamo pensare di essere più sfortunati di S. Francesco, poiché anche il suo mondo era legato a privilegi, a sistemi di potere ingiusti e oppressivi, eppure egli non si lasciò intimorire, nemmeno quando suo padre, Pietro di Bernardone lo richiamò davanti alla pubblica piazza affinché ritornasse in sé, cioè rientrasse nel ceto sociale di appartenenza per nascita. La voce di suo padre era la voce della società del suo tempo, disposta a far elemosine ai poveri per guadagnare un posto in paradiso, ma non a rinnegare i propri privilegi.

“Non puoi essere un cristiano come gli altri, andare a Messa la domenica, fare le elemosine ai poveri?”. Con queste parole il padre di S. Francesco avrà tentato di far ritornare il figlio sui suoi passi. Quello che egli non poteva ammettere era che suo figlio camminasse verso i poveri fino al punto di cambiare mentalità e divenire come uno di loro.

Il povero, dopo la conversione di S. Francesco, diventa colui che lo benedice e lo incoraggia nel suo cammino. Di fronte ai poveri il Santo di Assisi provava vergogna, perché si sentiva sempre in debito, come un discepolo di fronte al maestro, poiché i poveri pongono in primo piano la dignità dell’uomo, liberandola dalle apparenze ingannatrici.

Come dice S. Bonaventura, S. Francesco era come la vecchierella del Vangelo, che offrì alla chiesa gli unici due spiccioli che aveva. In S. Francesco i due spiccioli che egli donò erano il corpo e l’anima. E con questi riparò la Chiesa che andava in rovina, ridandole senso.

Nel Concilio Vaticano II quando si discuteva del mistero della Chiesa, ci fu chi disse: “Il mistero della Chiesa consiste nella presenza di Cristo nei poveri”. Forse la Chiesa potrebbe dimenticare la presenza trascendente di Cristo, se non ci fosse la presenza misteriosa della povertà che è come una ferita che rompe l’utopia della salvezza in questo mondo.

La spoliazione di S. Francesco è metafora dell’umano che, per essere veramente se stesso in tutta la sua dignità, deve liberarsi dagli orpelli per valorizzare al massimo la sua realtà debole, minacciata e insufficiente che ha bisogno di essere salvata. In questo risiede l’altissima dignità dell’uomo.

S. Francesco voleva essere in una compartecipazione profonda con i poveri. Cercava sempre la dignità umana al di là delle vesti stracciate o della fama negativa. Non si poneva mai su un piedistallo per giudicare l’altro, ma gli andava incontro, come un fratello, con una decisione straordinaria per far risplendere quella piccola luce che brillava ancora nella sua coscienza (i briganti, il Miramolino…).

Che l’immagine della spoliazione di S. Francesco nella piazza di Assisi ci accompagni in tutto il 2015 come un monito a non porci di fronte agli altri partendo da situazioni preconcette e da chiusure che separano anziché unire, ma a guardare il sistema economico, sociale, politico e il sistema della nostra cultura e della nostra vita con gli occhi del povero: quell’uomo nudo che restituisce al Signore i doni che ha ricevuto, riconoscendo il Padre celeste come suo vero Padre la cui mano benedicente, nell’affresco della Basilica superiore di Assisi, apre i cieli della salvezza e del perdono, rendendo possibile vivere da fratelli.

 

A cura di Lucia Baldo