Accogliamo con gioia e con un profondo sospiro di sollievo la promulgazione da parte di Papa Francesco di un giubileo sulla Misericordia, sull’amore di Dio che si curva sulla nostra condizione di poveri incapaci di conservare la dignità di uomini e ogni giorno di più pozzi profondi di malvagità, al di là di ogni misura umana. La misericordia infatti è proprio quello di cui abbiamo estremo bisogno e che solo può salvarci e sollevarci.
Quando consideriamo le attuali condizioni di vita dell’uomo non possiamo non spaventarci. Tutto il mondo è sotto la paura di una violenza imprevedibile che potrebbe scoppiare in ogni parte e venire da direzioni impensabili. Una violenza che suscita orrore e che va al di là di ogni misura umana.
Il nostro vivere sociale è malato: l’insaziabile avidità di alcuni opprime ogni giorno di più i poveri, gli indifesi, gli “scarti”. Come un cancro rispunta continuamente con grande vigore una corruzione dilagante, lo sfruttamento, l’ingiustizia.
Si sono imbarbariti i rapporti in tutti gli ambiti: non conta l’amicizia, è sparita la fiducia; perfino nella famiglia, nella coppia si sono intromessi pericoli mortali e diffidenza.
Anche il rapporto con Dio è stato stravolto: l’uomo si sente dio della sua vita e del mondo e con protervia indurisce il suo cuore nutrendosi di un insano senso di onnipotenza.
All’orizzonte sembra profilarsi di nuovo minacciosa la parola di Genesi: “Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo” (Gen 6,5s).
Ecco perché il Giubileo della Misericordia è un grande dono per noi, è un invito a riprendere la speranza: ci parla della iniziativa di Dio che viene ad offrirci la salvezza prendendo in considerazione il suo amore e avendo immensa pietà del nostro decadimento.
Il Vangelo ci narra un incontro di Gesù con una persona singola, nella notte, con Nicodemo. A questo uomo Gesù rivela che Dio non ha mandato il Figlio per condannare il mondo, ma per salvarlo. Anche oggi Dio avrebbe motivo di pentirsi di aver creato l’uomo: ma non lo fa perché tra gli uomini c’è anche il suo Figlio che si è talmente coinvolto da assumere tutta l’umanità, da prendere su di sé la nostra malvagità, il nostro peccato.
Il Figlio fatto uomo è lì davanti al Padre, con il suo carico di peccato. Per questo morirà sulla croce, fuori delle mura, nella morte più disonorevole, sperimenterà la presa di distanza del Padre, l’abbandono misterioso del Padre. Inchiodato sulla Croce dal profondo della sua immensa sofferenza, sospirerà: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”.
La lotta di Gesù, il suo scontro con il male, con il peccato, con le forze di Satana, con la morte è di una violenza unica. Ma Gesù c’è, non fugge, non torna indietro, va fino in fondo. Per questo il Padre e lo Spirito lo hanno esaltato, hanno dato a Lui un nome, lo hanno risuscitato, lo hanno innalzato glorioso vincitore. Ecco la Pasqua che il Signore ci fa vivere anche quest’anno.
Veramente Gesù non è venuto per giudicarci, per condannarci: è venuto per salvarci, per liberarci e aprirci la via della vita e perché potessimo vivere da figli di Dio già da questa vita.
p.Lorenzo Di Giuseppe