Le clarisse: è bello anche fermarsi per aprire occhi e cuore

Pubblicato il 16/07/2020, in: Il Cantico

Riflessione sul momento che viviamoMadre Rosella Chiara e Sorelle Clarisse
del Monastero di S. Chiara di San Severino Marche

 

Il prolungamento della quarantena chiede a tutti noi di rincarare la dose di pazienza e soprattutto di qualificare e dare senso a limitazioni e misure che rischiano di soffocarci e di farci soccombere allo scoraggiamento. Da più parti ci sentiamo dire: “Insegnateci a stare a casa, voi che lo fate sempre e che lo avete scelto”. Il tempo che viviamo è strano e difficile anche per noi sorelle di vita contemplativa, abituate a stare dentro, ma non ad essere così isolate e prive di incontri. Mai abbiamo vissuto una Pasqua come quella appena trascorsa: senza l’allegria e le domande dei giovani, senza l’abbraccio di amici e familiari, senza la gioia di cantare l’Alleluia insieme a tanti fratelli e sorelle.
Non abbiamo molto da insegnare, ma certamente desideriamo condividere alcuni scampoli della nostra vita claustrale che possono illuminare questi lunghi giorni in cui siamo chiamati a rimanere nelle nostre case e possono anche dare luce nuova alla nostra vita. In monastero si vive e s’impara ogni giorno l’arte del rimanere. Per noi, figli del “chi si ferma è perduto”, il fermarsi è arte quanto mai esigente e laboriosa, è sentiero impegnativo e faticoso, ma è anche irrinunciabile metodo di vita e grazia preziosa.
Chi si ferma impara innanzitutto la gratitudine.
Quando ci si ferma, nella preghiera, nella riflessione, nell’allentare i ritmi, una delle prime esperienze è aprire gli occhi su tanti doni che abbiamo, sul bene che riceviamo, su tante cose belle che diamo per scontate. È esperienza che fa chi vive la malattia ed è esperienza che abbiamo fatto tutti in questi giorni, in cui la nostra normalità ci è tolta. Apriamo gli occhi e prendiamo consapevolezza, ci accorgiamo di tante cose che spesso scivolano via. È un’esperienza pasquale, simile a quella dei discepoli di Emmaus: “si aprirono i loro occhi” e riconobbero la presenza di Gesù Risorto accanto a loro. Così anche questo tempo ci aiuti ad aprire gli occhi su tante relazioni, su tanti doni di cui è piena la nostra vita.
Fermarsi insegna, inoltre, la sapienza delle piccole cose e aiuta a riscoprire quelle cose antiche che non facciamo più e che ora dà gusto far proprie. Quando si entra in monastero si entra in contatto con una sapienza antica e si scopre il fascino di attività (il ricamo, i piccoli lavori di artigianato, i biscotti e tanto altro…) che i ritmi frenetici ci hanno fatto dimenticare. Così anche in questo tempo, magari abbiamo provato gusto a fare il pane in casa e chissà quante altre cose! Soprattutto stiamo riscoprendo insieme la bellezza di ritmi più lenti che danno l’occasione di assaporare il gusto della semplicità, la preziosità delle piccole cose e fanno respirare una dimensione più genuina e autentica della vita.
Fermarsi è anche esperienza di solidarietà. La nostra vita di Sorelle Povere di Santa Chiara ci ha messo più volte di fronte a questa realtà: fermarsi ad ascoltare l’altro, fermarsi nella preghiera, fermarsi per chiedere scusa… sono tutti piccoli modi per essere solidali. Nella situazione particolare che stiamo attraversando, restare a casa diventa un gesto di solidarietà nei confronti di chi è malato, di chi piange la perdita di una persona, di chi si spende in prima linea negli ospedali e nel servizio ai cittadini.
La nostra scelta di vita contemplativa spesso si misura con il paradosso di un rimanere che diventa un atto d’amore, di una solitudine abitata dal mistero di una Presenza, di un silenzio che diventa voce che parla nell’intimo. Si sperimenta un fermarsi che diventa servizio, uno stare che porta frutto. Allo stesso modo, in questo frangente della storia, tutti ci troviamo a sperimentare che restare a casa significa molto di più del semplice evitare il contagio… Significa remare insieme nella medesima direzione, fare la nostra parte per fermare l’epidemia, essere solidali con i più fragili, dare il nostro contributo insostituibile per costruire il futuro che tutti desideriamo.
Il nostro fermarci e il nostro stare a casa non sarà allora rassegnarsi all’isolamento o a un dovere imposto e subìto, né un superficiale adeguarsi alle regole, ma la nostra libera, corale, multiforme, appassionata risposta alla suprema e perenne vocazione a custodire la vita.