Una campagna mondiale per il riconoscimento del vaccino come bene globale

Presentata in conferenza stampa “A vaccine for all – vaccino per tutti”, la campagna per l’accesso globale ai vaccini contro il Covid-19. A promuoverla una rete di oltre 40 organizzazioni di diversi Paesi e religioni. L’iniziativa, alla vigilia del Vertice mondiale sulla salute del G20, parte con un’azione concreta a cui ciascuno può contribuire con una donazione: l’obiettivo è la vaccinazione delle popolazioni che vivono lungo il Rio delle Amazzoni in Brasile.

Sono i giovani per primi a parlare, Conlet Burns, irlandese e Klara Piedade del Brasile, entrambi di Giovani per un Mondo Unito del Movimento dei Focolari, per dire che l’iniziativa si colloca in quella proposta chiamata “Dare to care”, osare prendersi cura, che i giovani stessi avevano lanciato all’inizio della pandemia e con cui volevano sollecitare tutti, compreso il mondo della politica, a mettere la cura al primo posto. Non era solo uno slogan, precisano, ma un nuovo modo di guardare alle immense sfide di oggi e di agire con iniziative concrete per il cambiamento. Con questo obiettivo da allora hanno lavorato in diverse parti del mondo e l’iniziativa proposta ora è condivisa da numerose organizzazioni, gruppi e realtà associative. Essere vaccinati contro il Covid-19 non può essere un privilegio, ma una realtà per tutti.
Nel suo intervento Mario Bruno, presidente del Movimento politico per l’unità, MPU, conferma che c’è bisogno di un nuovo modo di fare politica e che l’internazionalismo dei vaccini è la risposta politica che i governi devono dare oggi. E’ necessario che i cittadini sollecitino questa decisione rimboccandosi, nel frattempo, le maniche. Per questo la campagna, spiega, intende concentrarsi per ora concretamente su una regione del mondo particolarmente colpita dalla pandemia, l’Amazzonia, finanziando un progetto nello Stato brasiliano del Pará.
Edson Galego, operatore sanitario brasiliano, descrive la situazione molto difficile che la popolazione dei “ribeirinhos” sta vivendo nel Pará: tantissime le vittime della pandemia, poche le strutture, i mezzi, il personale per curare i malati. Nessun accesso alle cure per la gente che vive lungo il Rio delle Amazzoni. Proprio per loro opera il battello ospedale “Barco Hospital Papa Francisco” sollecitato dal Papa stesso e affidato ai francescani e che ad oggi ha già raggiunto 700 mila persone. La proposta della campagna “A vaccine for all” è di sostenere quest’impegno con donazioni on line.
Tutto quello che si raccoglierà sarà utilizzato per l’acquisto di vaccini e kit igienico-sanitari. “Per gli indigeni la pandemia è molto peggiore rispetto a quanto possiamo pensare – afferma Galego – non vengono vaccinati e rischiano di rimanere invisibili. Noi crediamo che attraverso la nostra rete mondiale potremo prenderci cura di loro”.
Suor Alessandra Smerilli, sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale che coordina la task-force Economia della Commissione vaticana Covid-19, ricorda che la struttura è nata dalla preoccupazione del Papa di preparare il futuro, dice: “il mandato ricevuto era: fate qualcosa perché il mondo sia diverso, ma fatelo nella concretezza, e a me sembra che questo progetto sia un’icona di ciò che lui vuole perché si basa sulle azioni e insieme fa capire la necessità di cambiare la mentalità”. Non è un progetto di carità, sottolinea, ma riguardo ai vaccini è dire “vogliamo qualcosa che vada nella direzione giusta”, la sospensione dei brevetti, o realisticamente la contrattazione sul loro prezzo e poi la loro produzione anche nel Sud del mondo con caratteristiche di conservazione e di trasporto compatibili alle caratteristiche di quell’emisfero.
Yassine Lafram, presidente Unione Comunità Islamiche d’Italia, denuncia l’aumento delle diseguaglianze sul pianeta per cui oggi il vaccinato è un privilegiato e chi non lo è, una sorta di lebbroso da tenere a distanza. “C’è una corresponsabilità in ciò che succede nel mondo – afferma –, siamo tutti collegati e una volta che abbiamo vaccinato intere popolazioni, potremmo cominciare a guardare con diffidenza i Paesi che non sono ancora riusciti a vaccinare neanche l’1 per cento della loro popolazione”. Il suo pensiero va ai territori palestinesi, dove in questi giorni è stato bombardato l’unico laboratorio Covid a disposizione degli abitanti, solo il 3 per cento dei palestinesi risulta vaccinato. “Molti Paesi poi sono alle prese con le nuove varianti ma siamo fiduciosi che il mondo potrà rimettersi in piedi se ci sarà una grande responsabilità condivisa”.
Per Gianfranco Cattai, coordinatore di Retinopera Italia, che raccoglie 23 organizzazioni cattoliche con 4 milioni di aderenti, tutti noi “stiamo vivendo un’opportunità importante, un’occasione straordinaria che vede due tipi di approcci, uno securitario, l’altro di solidarietà. Nessuno è sicuro finché non lo siamo tutti, quindi senza solidarietà non c’è futuro.
Le diseguaglienze crescono senza solidarietà. Questa è un’occasione importante – afferma – per mettere insieme politica e società e dobbiamo cooperare per dare risposte globali di giustizia. Oggi comincia un’esperienza che speriamo possa inaugurare altri progetti futuri”.
Stefano Comazzi, presidente dell’ong Azione Mondo Unito, torna a parlare del progetto in corso in Brasile dove si vorrebbero distribuire i vaccini. E sollecita le donazioni attraverso il sito web: www.avaccineforall.org, ma spiega: “per noi dell’Amu e non solo per noi, è veramente essenziale che nessuno si senta un beneficiario, ma si creino legami tra coloro che donano e coloro che ricevono aiuti. Questo è condiviso con la diocesi e così sta avvenendo con le popolazioni locali che in vari modi danno il loro contributo”.
Anche dall’India arriva una testimonianza, è quella di Vinu Aram, direttrice dello Shanti Ashram, che collabora con il governo. Da lei l’invito alla solidarietà ricordando quanti morti per il Covid ci siano stati nel suo grande Paese e quanta sofferenza la popolazione stia ancora vivendo. Bisogna prendersi cura degli altri – ribadisce – bisogna riconoscersi tutti una sola famiglia. Curare se stessi non è sufficiente. E cita una frase di Ghandi: “La fede non permette la vita da soli e non si può solo parlare ma vivere”. Per la prima volta, fa notare, scienziati di tutto il mondo hanno collaborato per ottenere un vaccino, tra loro anche due ricercatori indiani.
“Dobbiamo ora andare oltre le leggi del mercato – conclude – la globalizzazione attuale ci fa vedere che la solidarietà porta alla sicurezza”.
Tra le proposte anche il vaccino sospeso tra gli Stati. Tanti dunque i soggetti che la campagna “A vaccine for all” coinvolge: i leader politici, le case farmaceutiche, ma anche i cittadini, tutti noi, chiamati ad essere attivi e presenti. Lo sottolinea ancora, al microfono di Vatican News, Mario Bruno, al termine della conferenza stampa:
R. – È proprio così, perché c’è un aspetto politico istituzionale che riguarda la responsabilità dei governi: siamo di fronte al vaccino come a un bene comune globale ed è la risposta al male comune globale che è il virus. Allora, siamo tutti vulnerabili, però siamo anche tutti uguali e siamo tutti interconnessi. La politica e quindi il WTO, l’Organizzazione mondiale del commercio, il Vertice sulla salute globale nell’ambito del G20, ci sembrano momenti importanti per prendere una decisione. Si discute sulla sospensione dei brevetti e questa sarebbe una risposta importante, si parla anche di una condivisione dei brevetti, il che comporta la volontarietà delle organizzazioni produttrici di fare la propria parte nella responsabilità sociale e quindi di cedere i diritti almeno provvisoriamente per portare appunto nei Paesi meno sviluppati la possibilità di produrre i vaccini.
E c’è anche una proposta che noi abbiamo lanciato, che è di trasformare una bellissima idea di Papa Francesco, cioè il vaccino sospeso tra persone, al vaccino sospeso tra gli Stati che vuol dire, senza praticare nuove forme di colonialismo ma nella fraternità, provare ad aiutarsi, a finanziare ciascuno Stato un altro Paese, un Paese povero, proprio per produrre e per arrivare al vaccino per tutti. Ecco mi pare che ci sia una decisione politica da affrontare e ci sono nel mondo varie prese di posizione in questo senso. Le ultime dichiarazioni non solo del Papa, ma anche di Biden e della Von der Leyen vanno in questa direzione, però occorre una decisione urgente. Poi c’è l’iniziativa popolare, questa campagna, che per ora è limitata a una nazione simbolo, una parte geografica del mondo, che vuole simboleggiare poi l’impegno per arrivare al vaccino e alla sanità per tutti. Il luogo è l’Amazzonia e il “Barco Hospital Papa Francisco” che raggiunge le persone là dove abitano per portare assistenza, prevenzione e poi il vaccino. Una risposta popolare per spingere i governi e le organizzazioni internazionali a fare la propria parte.

Adriana Masotti – Vatican News