Rimaniamo fedeli al proposito di restare con la preghiera nel cammino degli insegnamenti della Chiesa che abbracciano i problemi della convivenza umana della nostra società. In questo tempo varie voci ci indirizzano al tema del lavoro. Prima di tutto la festa di S. Giuseppe il primo maggio: “padre lavoratore”, colui che con il suo lavoro ebbe cura della famiglia di Nazareth, il padre che umilmente e amorosamente provvide al cammino e al sostentamento di Gesù e di Maria. Gesù matura la sua incarnazione, impara a lavorare, diventa uomo maturo alla scuola di questo umile lavoratore. Per tutti noi il lavoro rappresenta qualcosa di importante, che occupa gran parte della nostra giornata e delle nostre preoccupazioni: perciò è importante dare ad esso il giusto valore e le giuste motivazioni. Nella ricorrenza della festa di S. Giuseppe i Vescovi, consapevoli dell’urgenza di una riflessione sul lavoro, ci hanno mandato un Messaggio dal titolo “Giovani e Veglia di preghiera lavoro per nutrire la speranza”. Papa Francesco, nel suo insegnamento, non perde occasione di parlare del lavoro. E tutti noi ricordiamo quello che scrisse S. Francesco nel suo Testamento: “Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà”.

                                                                      Veglia di preghiera
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: ci mettiamo davanti a Te Trinità santa, aiu-
taci a pregare e ad ascoltare la tua Parola perché essa scenda nel profondo della nostra vita e
ci rinnovi, ci dia il desiderio di comportarci come tuoi figli e di amarci come fratelli. Amen.

Preghiamo insieme: Signore Dio, Padre onnipotente, Padre ricco di misericordia che, per l’infi-
nito amore che nutri per noi, non hai dubitato di mandare il tuo Figlio Gesù Cristo ad assumersi
la debolezza della nostra natura umana, e lo hai consegnato alla sofferenza e alla croce e poi lo
hai risuscitato dalla morte e lo hai accolto vicino a Te nella gloria, abbi pietà dell’umanità che an-
cora vive nell’insensata schiavitù della guerra e dell’odio fraterno. Tu ci lasci la libertà di vivere
lontani da Te, di uscire dalla tua casa immaginandoci altra felicità, altra acqua per dissetarci; ma
la realtà è che senza di te siamo senza cibo, siamo nel vuoto e nel deserto con l’unica prospet-
tiva della morte. Lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù venga a risanarci, a guarire la nostra mente
e il nostro cuore. Amen

Canto

Spesso abbiamo la tentazione di pensare che sarebbe bello vivere in continua contemplazione
dediti solo alla preghiera e alla meditazione, fare una vita da angeli; ma noi siamo uomini, con
i piedi per terra. Gesù stesso non ha scelto una vita angelica ma si è fatto uomo e fino a trenta
anni ha lavorato e nel lavoro si è maturato come uomo. Il lavoro è fondamentale per la vita di
ogni persona umana come dice la Costituzione conciliare Gaudium et Spes “La Chiesa nel mondo
contemporaneo”.
Dal Concilio Vaticano II (GS, 34)
Per i credenti una cosa è certa: l’attività umana individuale e collettiva, ossia quell’ingente sforzo
sul quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, conside-
rato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio. L’uomo infatti, creato a immagine di Dio ha rice-
vuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene e di governare il
mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l’universo intero, ri-
conoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che nella subordinazione di tutte le realtà
all’uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra.
Ciò vale anche per gli ordinari lavori quotidiani. Gli uomini e le donne, infatti, che per procurare
il sostentamento per sé e per la famiglia esercitano il proprio lavoro così da prestare anche con-
veniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che con il loro lavoro essi prolun-
gano l’opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e donano un contributo personale alla
realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia […] Il messaggio cristiano, lungi dal di-
stogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi dall’incitarli a disinteressarsi del bene
dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con obbligo ancora più stringente.

Rivolgiamoci a Dio nostro Padre e poniamo davanti a Lui i tanti problemi e le tante sofferenze che
sono nel mondo del lavoro e diciamo: Per intercessione di Gesù, soccorrici Padre nella nostra de-
bolezza!

Prima di tutto preghiamo per coloro che non riescono a trovare un lavoro dignitoso, che vedono
respinte le loro richieste, che si sentono messi da parte come rifiuti. Questa situazione coinvolge
intere famiglie spinte spesso alla disperazione. Per intercessione di Gesù, soccorrici Padre nella
nostra debolezza!

Nel mondo del lavoro si verificano condizioni di ingiustizia, di precarietà, di carenza di tutele.
Ordinariamente ne fanno le spese i più deboli, coloro che non riescono a far valere i propri di-
ritti. Che il mondo del lavoro sia luogo di collaborazione dove si impara a vivere la pace.
Per intercessione di Gesù, soccorrici Padre nella nostra debolezza!
La società venga incontro a situazioni di difficoltà, ci si preoccupi di coloro che trovano diffi-
coltà ad accedere al mondo del lavoro, si facilitano le varie adempienze verso gli immigrati, il la-
voro crei relazioni fraterne e non competizioni.
Per intercessione di Gesù, soccorrici Padre nella nostra debolezza!

Il lavoro fa troppe vittime, anche di ragazzi ancora inesperti, È urgente cambiare prospettiva:
occorre dare la priorità alle persone prima di tutto, la loro integrità e la loro dignità siano sem-
pre al primo posto.
Per intercessione di Gesù, soccorrici Padre nella nostra debolezza!

Canto

Riflettiamo sulla santa Famiglia di Nazareth: vive sul lavoro di S. Giuseppe che è la sicurezza, il
custode. Da lui Gesù è avviato al lavoro e lavorando diventa uomo. Anche Maria lavora: accudi-
sce la casa, prepara il cibo, va ad attingere acqua alla fonte del villaggio, pensa alla pulizia con
immenso amore, in uno scambio meraviglioso di attenzione e di tenerezza. Veramente questa fa-
miglia ci insegna come vivere i rapporti tra le persone e come il servizio è amore concreto. Papa
Francesco in una sua Lettera apostolica ci aiuta a guardare a S. Giuseppe in un modo nuovo.

Dalla Lettera Apostolica “Patris Corde” di Papa Francesco (6)
S. Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento
della sua famiglia. Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro. In questo nostro tempo, nel quale il lavoro sembra essere tornato a rappresentare un’urgente questione sociale e la disoccupazione raggiunge talora livelli impressionanti, anche in quelle nazioni dove per decenni si è vissuto un certo
benessere, è necessario con rinnovata consapevolezza, comprendere il significato del lavoro
che dà dignità e di cui il nostro santo è esemplare patrono. Il lavoro diventa partecipazione al-
l’opera stessa della Salvezza, occasione per affrettare l’avvento del Regno, sviluppare le pro-
prie potenzialità e qualità, mettendole al servizio della società e della comunione; il lavoro
diventa occasione di realizzazione non solo per se stessi, ma soprattutto per quel nucleo ori-
ginario della società che è la famiglia. Una famiglia dove mancasse il lavoro è maggiormente
esposta a difficoltà, tensioni, fratture e perfino alla tentazione disperata e disperante del dis-
solvimento. Come potremmo parlare della dignità umana senza impegnarci perché tutti e cia-
scuno abbiano la possibilità di un degno sostentamento? La persona che lavora, qualunque sia
il suo compito, collabora con Dio stesso, diventa un po’ creatore del mondo che ci circonda. La
crisi del nostro tempo, che è crisi economica, sociale, culturale e spirituale, può rappresentare
per tutti un appello a riscoprire il valore e l’importanza e la necessità del lavoro per dare ori-
gine a una nuova “normalità”, in cui nessuno sia escluso.

Preghiamo con le parole di Don Giacomo Alberione che aveva tante volte incontrato i problemi
di persone disoccupate o discriminate nell’ambiente di lavoro.

Gesù, divino operaio e amico degli operai, volgi lo sguardo benigno sul mondo del lavoro. Ti pre-
sentiamo i bisogni di quanti compiono un lavoro intellettuale, morale o materiale. Vedi in quali
fatiche, in quali sofferenze e tra quali insidie viviamo i nostri duri giorni. Vedi le sofferenze
fisiche e morali; ripeti il grido del tuo cuore: “Ho pietà di questo popolo”. E confortaci, per i
meriti e l’intercessione di San Giuseppe, modello degli operai e degli artigiani. Dacci la sa-
pienza, la virtù e l’amore che ti sostennero nelle laboriose giornate. Ispira i pensieri di fede,
di pace, di moderazione, di risparmio, perché si cerchino sempre, insieme al pane quotidiano, i
beni spirituali ed il Paradiso. Salvaci da chi, con inganno, mira a rapirci la fiducia nella tua prov-
videnza. Liberaci dagli sfruttatori, che disconoscono i diritti e la dignità della persona umana.
Ispira leggi sociali conformi al magistero ecclesiale. Regnino assieme la carità e la giustizia con
la cooperazione sincera delle classi sociali. Amen

Canto

La mancanza di lavoro causa sempre grosse sofferenze e provoca situazioni inaccettabili per in-
dividui e per famiglie. I Vescovi italiani hanno davanti agli occhi soprattutto la disoccupazione
giovanile e intendono sottolineare come questa sia origine di tanto disordine. I cristiani devono
unirsi nel chiedere che si prendano provvedimenti e la comunità civile trovi la strada per rime-
diare a questo grave problema.
Dal Messaggio dei Vescovi per la festa dei lavoratori “Giovani e lavoro per nutrire la speranza”
I dati sull’occupazione in Italia mettono in luce un fatto assai preoccupante: circa un quarto
della popolazione giovanile del nostro paese non trova lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno. Il
quadro ci deve interrogare su quanto la nostra società, le nostre istituzioni, le nostre comunità
investono per dare prospettive di presente e di futuro ai giovani. Essi pagano anche il conto di
un modello culturale che non promuove a sufficienza la formazione, fatica ad accompagnarli nei
passi decisivi della vita e non riesce ad offrire motivi di speranza. Come sottolinea papa Fran-
cesco nella Christus vivit: “Il mondo del lavoro è un ambito in cui i giovani sperimentano forme
di esclusione ed emarginazione. La prima e più grave è la disoccupazione giovanile che in alcuni
paesi raggiunge livelli esorbitanti. Oltre a renderli poveri, la mancanza di lavoro recide nei gio-
vani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo svi-
luppo della società” (270) […]. Papa Francesco, in relazione al tema dei giovani, ha più volte parlato di un’ “unzione”, di un dono di grazia, manifestazione dell’intrinseca dignità della persona, fonte e strumento di gratuità. Senza il lavoro non viene infatti a mancare solamente la fonte di reddito – peraltro importantissima – ma i giovani disoccupati “crescono senza dignità,
perchè non sono “unti” dal lavoro che è quello che dà la dignità” (Genova 20.5.2017). […] Pren-
diamo sul serio le aspirazioni dei giovani, le loro critiche all’esistente e i loro progetti di futuro.
Portiamo il nostro contributo ovunque si disegnino e si realizzino le politiche del lavoro.
Siamo nel mese dedicato a Maria e vogliamo puntare i nostri occhi a Lei, la nostra Madre e la mae-
stra impareggiabile della nostra vita quotidiana. Ancora una volta ci aiuta Don Tonino Bello.
Santa Maria, serva del Signore, che ti sei consegnata anima e corpo a lui e hai fatto l’ingresso
nel suo casato come collaboratrice familiare della sua opera di salvezza, donna veramente alla
pari, che la grazia ha introdotto nell’intimità trinitaria e ha reso scrigno delle confidenze divine,
domestica del Regno, che hai interpretato il servizio non come riduzione di libertà, ma come ap-
partenenza irreversibile alla stirpe di Dio, noi ti chiediamo di ammetterci alla scuola di quel dia-
conato permanente di cui ci sei stata impareggiabile maestra. Al contrario di te, facciamo fatica
a metterci alle dipendenze di Dio, e stentiamo a capire che la resa incondizionata alla sua so-
vranità ci può fornire l’alfabeto primordiale per la lettura di ogni altro umano servizio. L’affido
nelle mani del Signore ci sembra un gioco d’azzardo. La sottomissione a lui, invece che collocarla
in un quadro di alleanza bilaterale, la sentiamo come una variabile della schiavitù. Siamo gelosi,
insomma della nostra autonomia. E l’affermazione solenne che servire Dio significa regnare non
ci persuade più di tanto. Santa Maria, serva della Parola, serva a tal punto che, oltre ad ascol-
tarla e custodirla, l’hai accolta incarnata nel Cristo, aiutaci a mettere Gesù al centro della no-
stra vita. […] Fa’ che il Vangelo diventi la norma ispiratrice di ogni nostra scelta quotidiana. […]
Apri il nostro cuore alle sofferenze dei fratelli. E perché possiamo essere pronti a intuirne le
necessità, donaci occhi gonfi di tenerezza e di speranza. Gli occhi che avesti tu, quel giorno. A
Cana di Galilea.
La Resurrezione di Gesù ci ha aperti alla venuta dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo, lo Spirito
di Gesù ci plasma come figli del Padre e ci rende capaci di pregare: Padre nostro!
Figli dell’unico Padre siamo fratelli di Gesù e fratelli tra di noi: scambiamoci la pace!
Santa Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, speranza nostra, vita e dolcezza nostra, benedici
noi, la nostra famiglia e l’umanità intera!
Amen

 

 

Canto finale