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                             LA TESTIMONIANZA DELLA FRATERNITÀ

 

I primi compagni di S. Francesco non ebbero vita facile. Molti non capivano la loro scelta e li coprivano di disprezzo, li malmenavano, gettavano loro addosso fango, li afferravano per il cappuccio e li trascinavano sospesi sul dorso (cfr. FF 1444).

Ma a questo trattamento essi risposero in modo inaspettato con la carità fraterna, cioè ubbidendo al comandamento nuovo che Gesù prima della Passione ha lasciato ai suoi discepoli dicendo: “Come io vi ho amato così amatevi anche voi. Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri.” (Gv 14,35).

Così facendo i compagni di S. Francesco risposero ai loro persecutori testimoniando al mondo il fuoco della carità di Dio, che si manifestava nei loro rapporti fraterni.

La loro testimonianza fu talmente convincente che provocò anche alcune conversioni.

“Molte persone, vedendo i frati sereni nelle tribolazioni, alacri e devoti nella preghiera, non avere né ricevere denaro, coltivare tra loro amore fraterno, da cui si riconosceva che erano veramente discepoli del Signore, impressionate e dispiaciute, venivano da loro, e domandavano scusa delle offese fatte. Essi perdonavano di cuore, dicendo: “Il Signore vi perdoni!”, e davano consigli utili alla loro salvezza. Certuni li pregavano di essere ricevuti nel loro gruppo. Tutti i sei compagni avevano infatti avuto da Francesco l’autorizzazione ad accogliere adepti nell’Ordine, a motivo del piccolo numero dei fratelli. Così presero con sé alcuni aspiranti alla vita religiosa e in loro compagnia fecero ritorno tutti, nel tempo stabilito, a Santa Maria della Porziuncola. Quando si rivedevano, erano ricolmi di tale felicità e consolazione, che più non ricordavano le traversie subite.” (FF 1445).

Non ci sarà mai nessuna azione che può promuovere l’ammirazione degli uomini, più importante della fraternità!

“Com’era ardente l’amore fraterno dei nuovi discepoli di Cristo! Quanto era forte in essi l’amore per la loro famiglia religiosa! Ogni volta che in qualche luogo o per strada, come poteva accadere, si incontravano, era una vera esplosione del loro affetto spirituale, il solo amore che sopra ogni altro amore è fonte di vera carità fraterna. Ed erano casti abbracci, delicati sentimenti, santi baci, dolci colloqui, sorrisi modesti, aspetto lieto, occhio semplice, animo umile, parlare cortese, risposte gentili, piena unanimità nel loro ideale, pronto ossequio e instancabile reciproco servizio… Erano felici quando potevano riunirsi, più felici quando stavano insieme; ma era per tutti pesante il vivere separati, amaro il distacco, doloroso il momento dell’addio.” (FF 387).

Quel manipolo di giovani convertiti alla fraternità si presentò al mondo come un popolo nuovo. La loro letizia testimoniava una pienezza di senso della vita che affascinava uomini e donne.

E la forza creatrice del messaggio inverato nella vita non rimase circoscritto ai frati e alle suore ma si riversò nella società del tempo con singolare potenza rivoluzionaria e rinnovatrice di senso.

La fraternità è come una vita: comincia con una cellula e finisce con l’universo, ma bisogna che questa cellula sia vivente, cioè riconquistata ogni giorno vivendo nella letizia.

La prima cosa che il demonio vuole strappare a una persona è la sua letizia che la rende inafferrabile (cfr FF 709.1793). Infatti S. Francesco rimproverava i suoi compagni quando avevano l’aria triste e la faccia mesta, perché riteneva che l’angoscia e la tristezza fossero segno dei propri peccati. Era una “questione privata” (FF 1653) tra loro e Dio, che dovevano risolvere pregando Dio di ridonare loro la letizia.

Ma era anche una questione che riguardava tutti i fratelli, perché una faccia dolente danneggia la fraternità, mentre la letizia può aiutare chi è afflitto o avvilito a riaversi da questo stato e a riconquistare, a sua volta la letizia.