spirito

 

 

 

Lo spirito dell’uomo…

La cultura del nostro tempo, mossa dal materialismo e dal consumismo, disattende l’umano e mette in prima posizione la manipolazione della materia, mentre ritiene inutile parlare dello spirito dell’uomo. Esso è considerato come qualcosa di astratto o di inconsistente. Ma se restiamo imbrigliati nel materialismo non possiamo comprendere il linguaggio di S. Francesco per il quale lo spirito è una parola chiave. Infatti la 1° Ammonizione mette in risalto l’affermazione giovannea “… è lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla” (FF 141). Di più. Nella Lettera ai Fedeli il Santo scrive: “I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (FF 187).

La parola “spirito” (“ruah” in ebraico) è entrata in filosofia attraverso l’ebraismo. Essa richiama il “respiro” che “coglie l’ossigeno e, mediante esso, produce la vita, l’attività nel corpo” (L. Baldo, Chi sono io? Dialoghi per un nuovo umanesimo, Cooperativa Sociale Frate Jacopa, 2015, p. 75).

È difficile parlare dello spirito, perché sembra una realtà inafferrabile. Lo stesso S. Agostino ammise che l’ostacolo più grande alla sua conversione era stato la comprensione dello spirito. Ma lo superò e… divenne santo!

Il problema è che lo spirito è “così profondamente connesso con la nostra realtà che è difficile rappresentarlo come in uno specchio e parlarne… Però indubbiamente lo spirito si manifesta.” (L. Baldo, ibidem, p. 71).

La sua presenza è tangibile nel tempo; infatti “la situazione attuale, ben diversa da quella di cent’anni fa, è produzione dello spirito dell’uomo. Lo spirito dell’uomo non si ferma, non si limita, non si costringe, non ha mai scoperto tutto, ma sembra abbia ancora tutto da scoprire e da realizzare. Questa grande inquietudine è presente nella nostra vita. Quando sembra che tutto si appiattisca, improvvisamente sorge il nuovo.” (L. Baldo, ibidem, p. 72-73). Lo spirito, rivelandosi nella storia e nella nostra vita, porta il nuovo, il diverso, l’impensato, l’improvviso, il creativo.

Lo spirito evoca l’immagine di un respiro che rinnova concretamente la vita, di una “forza invisibile allo sguardo del pensiero astratto, che ci fa superare le imperfezioni di ogni sapere umano” (a cura di G. Baldo, L’armonia dei valori, Terz’Ordine Francescano dei Frati Minori d’Italia, p. 15).

 

… può comunicare con lo Spirito di Dio

D’altra parte lo spirito dell’uomo non è mai compiuto, ma ha bisogno di essere portato a compimento.

E allora può trovare il senso del suo cammino in se stesso o ha bisogno di rapportarsi ad un altro Spirito?

Come può realizzare la sua dignità originaria? E soprattutto qual è la sua dignità originaria?

Per rispondere a queste domande secondo la visione francescana, ricordiamo che S. Francesco meditò e interpretò in modo nuovo il versetto della Bibbia che parla della creazione dell’uomo a similitudine e immagine del Creatore. Infatti la V Ammonizione dice: “Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto Dio che ti creò e ti fece a immagine del suo diletto Figlio secondo il corpo, e a sua similitudine secondo lo spirito” (FF 153).

Cristo è il primo voluto (vedi Scoto) e il corpo dell’uomo è stato progettato da Dio come immagine del corpo di Cristo, così come lo spirito dell’uomo è stato progettato da Dio a similitudine dello Spirito di Cristo. Da questa dignità trae senso l’esistere sapienziale dell’uomo che trova realizzazione nel progetto, sempre recuperato nel ricominciare del tempo, di farsi similitudine trasparente dello Spirito di Dio e di farsi immagine palese del corpo di Cristo.

L’uomo non ha in sé il suo senso, ma si trova nella sublime condizione di avere in sé il modello da seguire per realizzare questa similitudine attraverso l’azione.

L’operare è l’ultimo senso della visione francescana: è un operare non strumentale, ma trasformante l’uomo.

Ecco perché S. Francesco è attentissimo a cogliere tutte le sollecitazioni che vengono dalla vita di Gesù che è l’esemplare che salva l’uomo nel co-operare mutuo.

Il co-operare di cui parla S. Francesco non è riferito ad un fatto che produce effetti oggettivi e utili (come invece sosterrebbe l’utilitarismo e il consumismo), ma all’azione del servo inutile che non persegue le categorie dell’utile o della gratificazione, bensì opera gratuitamente, in comunione con lo Spirito del Signore da cui trae forza attiva e principio d’azione.

“S. Francesco è la persona più inutile di questo mondo, perché con i beni di suo padre avrebbe potuto creare ospedali, lebbrosari e invece si è fatto povero in modo che non poteva più aiutare nessuno, anzi lui stesso aveva bisogno di essere aiutato… Per un positivista la sua vita è un fallimento e invece l’umanità la sente piena di valore” (G. Baldo, ibidem, p.4).

“Il discendere dello Spirito del Signore e il fare dimora nello spirito dell’uomo, onde si dà il loro co-operare mutuo, è celebrato da S. Francesco come la beatitudine dell’uomo, in quanto egli viene così a partecipare alla santità delle persone divine, realizzando nel proprio spirito la similitudine con lo Spirito del Signore” (V. C. Bigi, Il lavoro e l’operare negli Scritti di Francesco d’Assisi, Ed. Porziuncola, p.60).

 

Graziella Baldo