È famoso il motto dei Romani: “Se vuoi la pace prepara la guerra”. Anche oggi, come in passato, si pensa che la pace sia
frutto di vittorie ottenute con la violenza e con la prepotenza.
Essere in pace comunemente significa accettare un ordine stabilito fondato su patti che sono il risultato di soprusi. Le guerre non finiscono, forse, con i cosiddetti “patti di pace”?
Non basta una convivenza ordinata tra gli uomini e l’assenza di guerre per produrre la pace.
S. Francesco, detto “alter Christus”, in quanto è stato perfetto imitatore di Cristo, rovescia questa mentalità. Egli è come il giullare che guarda il mondo dal basso verso l’alto.
Nella XV Ammonizione di S. Francesco leggiamo:
“Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio. Sono veri pacifici coloro che in tutte le cose che sopportano in questo mondo, per l’amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo” (FF 164).
S. Francesco individua i “veri pacifici” sottintendendo che molti si fregiano di questo nome, ma sono falsi pacifici.
I “veri pacifici …sopportano”.
Dunque la vera pace richiede un costante esercizio di pazienza e grande umiltà.
Tuttavia la vera pace non è sinonimo di soggezione passiva e inerte, ma è un atto d’amore verso Gesù Cristo. Essa non è una nostra conquista, ma ci viene donata da Gesù Cristo nell’assunzione della croce che siamo chiamati a condividere con Lui.
L’unico modo per avere la pace vera è rivestirsi dell’amore di Cristo che ci dona tranquillità profonda e il superamento di ogni turbamento.
Per S. Bonaventura un segno della pace vera è fare “volentieri e senza nessuna opposizione non ciò che noi vogliamo, non ciò che suggeriscono i sensi, ma ciò che tu sai che Dio vuole” (Della vita perfetta, in “I mistici” 1°, p.461).
La pace non sarà mai raggiunta una volta per tutte.
Essa è un compito da assumere lungo tutto il corso della nostra vita. Non è un allontanarsi dai conflitti alla ricerca di un quieto vivere, bensì è un impegnarsi con un coinvolgimento totale di noi stessi per non cadere in un appiattimento che diverrebbe sottomissione alla legge del più forte.
“Non bisogna tacere di fronte al male”. E’ questo l’insegnamento che Benedetto XVI ha rivolto a tutti i cristiani nella Quaresima 2012.
Questa è la pace attiva e solerte propugnata anche dal Santo di Assisi che si fa mediatore di pace tra il podestà e il vescovo di Assisi, tra le fazioni in lotta nella città di Arezzo (FF 695), tra il lupo di Gubbio e gli abitanti di quella città.
Farsi mediatori di pace per salvaguardare la pace, si deve e si può.
La pace ai tempi di S. Francesco come oggi, è stata spesso compromessa per la mancanza di qualcuno che si interponga tra due litiganti per avviarli alla riconciliazione e al perdono reciproco.