Papa Francesco, per il 150° anniversario della dichiarazione di S. Giuseppe quale patrono della Chiesa universale, ha colto l’occasione per ricordarci qualcosa di molto importante per le relazioni da vivere nella intera umanità: la responsabilità e la  cura vicendevoli dal momento che siamo tutti fratelli. La domanda che Dio nostro Creatore rivolge a Caino: “dove è il tuo fratello?” è rivolta ad ogni uomo di ogni epoca e di ogni tempo. Una funzione particolare per il bene-vivere è demandata al padre che, in unità con la madre, Dio associa per creare vita nuova. Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti. In questo tempo di smarrimento e di incertezza circa la nostra identità abbiamo bisogno di riscoprire il compito fondamentale e il debito che i padri hanno verso l’umanità. Nella nostra preghiera vogliamo riflettere sulla Lettera apostolica che Papa Francesco ci ha inviato con il titolo “Patris corde” l’8 dicembre 2020 indicandoci la paternità di S. Giuseppe.

 

                                                                             Veglia di preghiera

Presidente: Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Preghiamo innanzi tutto in comunione con i malati colpiti dalla pandemia che sta gettando nello sconforto tutta l’umanità.

Preghiamo: Padre santo, noi siamo tuoi figli e tutti fratelli. Conosciamo il tuo amore per ciascuno di noi e per tutta l’umanità. Aiutaci a rimanere nella tua luce per crescere nell’amore vicendevole, e a farci prossimi di chi soffre nel corpo e nello spirito. Gesù figlio amato, vero uomo e vero Dio, Tu sei il nostro unico maestro. Insegnaci a camminare nella speranza. Donaci anche nella malattia di imparare da Te ad accogliere le fragilità della vita. Concedi pace alle nostre paure e conforto alle nostre sofferenze. Spirito consolatore, i tuoi frutti sono pace, mitezza e benevolenza. Dona sollievo all’umanità afflitta dalla pandemia e da ogni malattia. Cura con il tuo amore le relazioni ferite, donaci il perdono reciproco, converti i nostri cuori affinché sappiamo prenderci cura gli uni degli altri. Amen

 

Canto

 

La parola di Papa Francesco ci aiuta ad individuare una carenza che impoverisce tutta l’umanità.
La scarsa presenza della figura paterna e la poca cura provocano nel figlio una incapacità ad affrontare serenamente il senso e le difficoltà della vita. Accogliamo pertanto l’invito urgente alla responsabilità e alla cura che ci fa Papa Francesco.

 

Dalla lettera Apostolica “Patris Corde”
Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere orfani di padre […]. Essere padre significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a S. Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”.
Non è una indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario di possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù.
La felicità di Giuseppe non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé. Non si percepisce mai in quest’uomo frustrazione, ma solo fiducia. Il suo persistente silenzio non contempla lamentele ma sempre gesti concreti di fiducia. Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto […] La paternità che rinuncia alla tentazione di vivere la vita dei figli spalanca sempre spazi all’inedito. Ogni figlio porta sempre con sé un mistero, un inedito che può essere rivelato solo con l’aiuto di un padre che rispetta la sua libertà.

 

Canto

Dagli atteggiamenti del padre S. Giuseppe, Gesù probabilmente ha preso lo spunto per la parabola del Figliol Prodigo o del padre misericordioso. Certo è commovente pensare a S. Giuseppe che insegna al bambino Gesù a camminare, lo introduce nella lettura, gli insegna il mestiere, lo affianca nel momento dell’adolescenza. Certamente l’episodio della sua permanenza al tempio, fa pensare alla ricerca della sua autonomia di adolescente.

 

Dal Vangelo secondo Luca
Si avvicinarono a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano
dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. Ed egli disse loro questa parabola […] Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi a servizio di uno degli abitanti di quella regione che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci, ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse:” Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: presto portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa, Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso perché lo ha riavuto sano e salvo” Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

 

Con S. Paolo VI preghiamo:
S. Giuseppe, patrono della Chiesa, tu che accanto al Verbo incarnato lavorasti ogni giorno per guadagnare il pane, traendo da esso la forza di vivere e di faticare: tu che hai provato l’ansia del domani, l’amarezza della povertà, la precarietà del lavoro: irradia ancor oggi l’esempio della tua figura, umile davanti agli uomini ma grandissima davanti a Dio: guarda all’immensa famiglia che ti è affidata. Benedici la Chiesa, sospingendola sempre di più sulla via della fedeltà evangelica; proteggi i lavoratori nella loro dura esistenza quotidiana, difendendoli dallo scoraggiamento.

Dalla rivolta negatrice, come dalle tentazioni dell’edonismo. Prega per i poveri, che continuano in terra la povertà di Cristo, suscitando per essi le continue provvidenze dei loro fratelli più dotati.
Custodisci la pace nel mondo, quella pace che sola può garantire lo sviluppo dei popoli e il pieno compimento della umane speranze: per il bene dell’umanità, per la missione della Chiesa, per la gloria della santissima Trinità.

 

Canto

 

Sotto la minaccia del Covid-19 si va notando la crescita di disturbi nella psiche delle persone. Molti sono stanchi delle numerose chiusure necessarie per difendere la nostra salute ed anche amore vero verso gli altri. Occorre tener duro, con disciplina, ma senza farsi prendere dallo scoraggiamento.
Noi credenti sappiamo che c’è un Dio che è nostro Padre che ha cura della nostra vita. S. Giuseppe ci aiuta a comprendere l’amore misericordioso e vigilante del nostro Padre.

 

Dal Vangelo secondo Luca
Gesù disse ai suoi discepoli: “Per questo io vi dico: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete. La vita infatti vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi! Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? Se non potete fare nemmeno così poco, perché vi preoccupate per il resto? Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste così bene l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. E voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta.

 

La pandemia che stiamo combattendo ci ha fatto dimenticare quello che accade intorno a noi: non pensiamo nemmeno alle tante guerre che distruggono uomini e ambienti in tante parti del mondo.
Il profetico recente viaggio di Papa Francesco in Iraq ha allargato un po’ i nostri orizzonti. Uniamoci alla sua preghiera.

 

Preghiera del S. Padre nella visita in Iraq:

Altissimo Dio, Signore del tempo e della storia, Tu per amore hai creato il mondo e non smetti mai di riversare sulle tue creature le tue benedizioni. Tu, al di là dell’oceano della sofferenza e della morte, al di là delle tentazioni della violenza, dell’ingiustizia e dell’iniquo guadagno, accompagni i tuoi figli e le tue figlie con tenero amore di Padre.

Ma noi uomini, ingrati per i tuoi doni e distolti dalle nostre preoccupazioni e dalle nostre ambizioni troppo terrene, spesso abbiamo dimenticato i tuoi disegni di pace e di armonia. Ci siamo chiusi in noi stessi e nei nostri interessi di parte e, indifferenti a Te e agli altri, abbiamo sbarrato le porte alla pace. Si è così ripetuto quanto il profeta Giona udì dire di Ninive: la malvagità degli uomini è salita fino al cielo (cfr Gn 1,2). Non abbiamo alzato al Cielo mani pure (cfr 1 Tm 2,8), ma dalla terra è salito ancora una volta il grido del sangue innocente (cfr Gen 4,10). Gli abitanti di Ninive, nel racconto di Giona, ascoltarono la voce del tuo profeta e trovarono salvezza nella conversione. Anche noi, Signore, mentre ti affidiamo le tante vittime dell’odio dell’uomo contro l’uomo, invochiamo il tuo perdono e supplichiamo la grazia della conversione:Kyrie eleison! Kyrie eleison! Kyrie eleison!

Signore Dio nostro, in questa città due simboli testimoniano il perenne desiderio dell’umanità di avvicinarsi a Te: la moschea Al-Nouri con il suo minareto Al Hadba e la chiesa di Nostra Signora dell’orologio. È un orologio che da più di cent’anni ricorda ai passanti che la vita è breve e il tempo prezioso. Insegnaci a comprendere che Tu hai affidato a noi il tuo disegno di amore, di pace e di riconciliazione, perché lo attuassimo nel tempo, nel breve volgere della nostra vita terrena.
Facci comprendere che solo mettendolo in pratica senza indugi si potranno ricostruire questa città e questo Paese, e si potranno risanare i cuori straziati dal dolore. Aiutaci a non trascorrere il tempo al servizio dei nostri interessi egoistici, personali o di gruppo, ma al servizio del tuo disegno d’amore. E quando andiamo fuori strada, fa’ che possiamo dare ascolto alla voce dei veri uomini di Dio e ravvederci per tempo, per non rovinarci ancora con distruzione e morte.
Ti affidiamo coloro, la cui vita terrena è stata accorciata dalla mano violenta dei loro fratelli, e ti imploriamo anche per quanti hanno fatto del male ai loro fratelli e alle loro sorelle: si ravvedano, toccati dalla potenza della tua misericordia.

 

Requiem æternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis.
Requiescant in pace. Amen.

 

Concludiamo la nostra preghiera rivolgendoci a Te, nostro Padre. Per intercessione di S. Giuseppe e di Maria santissima, ti preghiamo per tutta l’umanità. Noi siamo fragili, piccoli, ma siamo tuoi figli e ti preghiamo: Padre nostro.

 

Signore donaci la pace e la volontà di salire con Gesù verso Gerusalemme per stare con Lui nella Pasqua.

E la tua benedizione scenda su di noi: mostraci il tuo volto misericordioso, rendici la forza di stare in pace in questo mondo e di poter consolare i fratelli. Amen

 

Canto finale

 

Fraternità Francescana Frate Jacopa – Preghiera mese di marzo 2021