La festa della Presentazione al Tempio di Gesù assume un significato pregnante nell’interpretazione simbolica datale da S. Bonaventura nell’Opuscolo Spirituale “Le cinque feste”.
Il tempo della purificazione, viene interpretato come il tempo in cui l’anima devota e fedele si purifica con la penitenza che la libera dal “giogo di Satana” sostituendolo col “giogo del Figlio di Dio” (Dizionario Francescano, I Mistici del sec. XIII, Ed. Francescane, 1995, p. 587). Essa assume così la disposizione di spirito appropriata per seguirne le “orme” (FF 184).
“Ma pochi sono coloro che lo vogliono ricevere e vogliono essere salvati da Lui, sebbene il suo giogo sia soave e il suo peso leggero” (FF 185).
S. Bonaventura confronta questo giogo con quello di Satana di cui si può facilmente cadere preda, poiché esso “esibisce dolcezza… falsa e momentanea” (Dizionario Francescano, ibidem, p. 587), ma a cui “seguiranno afflizioni e tormenti eterni”, poiché “esalta i suoi servitori per abbassarli in eterno”. Al contrario il giogo accettato per seguire le orme di Cristo è “soavissimo” e dà “frutti graditissimi e ricchezza nella pace”. Chi gli rende onore “soffre umiliazioni passeggere per regnare perennemente glorificato”.
L’anima purificata dalla penitenza, nell’uscire da sé ha la consapevolezza di essere “misericordiosamente soccorsa e soavemente e spesso confortata e ristorata” dalla grazia dello Spirito Santo ed esprime gratitudine per aver così avuto la possibilità di progredire nella “via dell’Amore” attraverso la concretezza di un operare, che l’ha spinta a dire:
“Ogni mia opera tu hai compiuto, Signore!
Davanti a te sono nulla e nulla posso. Se sussisto è per tua virtù e dono; senza di te non posso fare niente. A te, clementissimo Padre delle misericordie, offro ciò che è tuo; a te raccomando, a te rimetto me stessa indegna, e mi riconosco umilmente ingrata di tutti i benefici che mi hai elargito. A te la lode, a te la gloria, a te il ringraziamento, o santissimo Padre, Maestà eterna, che mi hai creata dal nulla con la tua infinita potenza…” (Dizionario Francescano, ibidem, p. 588).
Ed è in questo ringraziamento che S. Bonaventura interpreta la presentazione di Gesù al Padre e dice:
“L’anima devota e fedele consideri come il Fanciullo divino, nato mediante il compimento di opere soprannaturali [nella festa del Natale], chiamato col suo nome nell’esperienza di soavità celesti [nella festa del nome di Gesù], cercato, trovato, adorato e onorato [nella festa dell’Epifania], debba essere presentato al tempio e offerto con doni spirituali attraverso il debito, pio e umile ringraziamento [nella festa della Presentazione al Tempio]” (Dizionario Francescano, ibidem, p. 586].
Come non sentire l’eco di S. Francesco che descrive con queste parole il “servo fedele”:
“Beato il servo che rende tutti i suoi beni al Signore Iddio; perché chi riterrà qualche cosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del suo Signore, e ciò che crede di avere gli sarà tolto” (FF 168).
È come se il Santo dicesse che l’attivismo non salva l’uomo, perché lo rinchiude nel male della sua volontà. “Colui che si appropria della sua volontà considerando come sue le opere buone (capaci di salvarlo) muta l’essenza di quelle opere…
L’opera buona dell’uomo viene da Dio e perciò bisogna farne il rimando a Dio. Non dobbiamo pertanto esaltarci per le nostre opere buone, appropriandocene; né invidiare le opere buone degli altri (sarebbe bestemmia), in quanto è Dio che in noi e negli altri opera ogni bene.” (V. C. Bigi, Il lavoro e l’operare negli Scritti di Francesco d’Assisi, pg 63, Ed. Porziuncola, 1994).
Per esprimere questa visione dell’agire salvifico S. Francesco usa un linguaggio teologico-mercantile che gli è congeniale in quanto è figlio di un mercante e perciò parla di beni, di denaro, di restituzione, di doni, di ricevute, di gratitudine… Da Dio ha ricevuto in dono ogni bene, poiché solo lui è buono e ogni bene perfetto proviene da Lui.
Pertanto l’operare salvifico, il “santo operare” (FF 178/2), che risplende in esempio agli altri, è solo una restituzione nella lode-gratitudine a Dio e nella gratuità misericordiosa agli altri.
La vita di Francesco è una continua preghiera di lode e di gratitudine per i beni ricevuti, che egli pone a fondamento della gratuità verso gli altri.
È una vita eucaristica, poiché agisce come Cristo che prese il pane, rese grazie e lo spezzò dicendo: “fate questo in memoria di me”.
L’operare mediato e redento dall’agire di Cristo ci salva, ci rende simili a Lui, ci trasforma, ci rende capaci di usare la vera misericordia! Incontrando l’Amore di Dio in Cristo Gesù e assumendolo in noi diventiamo suoi discepoli; restituendolo nella gratitudine e nella gratuità diventiamo “discepolimissionari”. “Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’Amore di Dio in Cristo Gesù” (EG 120).
Graziella Baldo